La spartizione partitica è ancora viva e vegeta. La società civile è usata come «paravento». Non è stato usato un criterio adatto per selezionare il cda Rai. È questa l’opinione del leader dell’Idv. «Di Pietro ha solo voglia di attaccare il Pd», risponde Matteo Orfini, il responsabile Cultura e Informazione dei democratici.Si apre un nuovo scontro. Non è più il Pdl a inveire sulle scelte del Pd, ma l’Idv. Tuttavia le accuse del partito di Di Pietro sono le stesse fatte dai pidiellini qualche giorno fa.
«Ề un modo per prendersi i posti facendo finta di non prenderli. Si tratta di una lottizzazione con i guanti bianchi. Sceglieranno sempre gli stessi ambienti», ha affermato Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl al Senato. Non finisce qui. La fronda avversa alla scelta di Bersani di delegare a 4 associazioni (Libera, Se non ora quando, Libertà e Giustizia, Comitato per la libertà è il diritto all’informazione) la scelta dei due candidati è più ampia. Il leader dei Partito Pirata, Marco Manul Marsili, che si è autocandidato inviando il proprio curricula, crede che la scelta del leader democratico sia ipocrita. «Ề come il gioco delle tre carte. Alla fine Bersani non ce l’ha fatta a non immischiarsi nella solita becera lottizzazione. Molto rumore per nulla: alla fine decideranno, come al solito, i segretari dei partiti», ha accusato Marsili. Secondo il leader corsaro le quattro associazioni sono vicine agli ideali del Pd.
Anche l’Aiart, l’associazione dei telespettatori di impronta cattolica, ha obiettato per la propria esclusione a priori dalle 4 associazioni. «Il Pd dimentica l’Aiart, l’associazione più antica, quella col maggior numero di iscritti, quella col maggior radicamento territoriale. Forse ci dimentica perché siamo cattolici e, si sa, i cattolici nel Pd non godono di pari dignità», ha polemizzato Luca Borgomeo, presidente dell’associazione cattolica. Tale obiezione è stata raccolta anche da due esponenti dello stesso Pd: Merlo, vicepresidente in Vigilanza, e Fioroni, deputato.
Invece Zavoli, il presidente della Vigilanza, plaude la scelta sia dei nomi, Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, che del metodo usato. «La politica ha avviato un nuovo modo di concepire il rapporto con la Rai, il più grande laboratorio civile e culturale del Paese», ha affermato Zavoli.
Proprio a Zavoli Di Pietro ha chiesto di avviare delle audizioni parlamentari per capire gli intendimenti e il programma dei candidati dei partiti e dei già nominati da Monti (soprattutto il presidente Anna Maria Tarantola). Secondo l’ex pm è fondamentale conoscere le intenzioni dei futuri dirigenti del servizio pubblico. Solo il curricula non basta. Tuttavia la richiesta, probabilmente, non sarà esaudita.
Inoltre i candidati noti sono relativamente pochi. I curricula alle Camere sono arrivati, secondo La Repubblica, a 272. Sul sito della Vigilanza non c’è la lista. Forse sarebbe stato troppo impegnativo elencare centinaia di nomi con curricula allegato. Intanto la stessa Vigilanza ha rinviato alla settimana prossima le votazioni. La motivazione? Ci vuole tempo per leggerli tutti.
Tuttavia il “totonomine” è già partito, anche si tratta di indiscrezioni. Per il Pdl sarebbero in lizza Antonio Verro (consigliere uscente del Cda), Guido Paglia (direttore Comunicazione e Relazioni Esterne Rai), Antonio Pilati (componente dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato), Franco Scaglia (presidente Rai Cinema), Rubens Esposito (ex responsabile dell’Ufficio legale della Rai). A questi si è aggiunto l’autocandidatura di Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto ed ex ministro della Cultura, e l’ipotesi Alberto Maccari, da gennaio direttore del Tg1 in sostituzione di Minzolini. L’Udc potrebbe confermare Roberto De Laurentiis.
In tutto ciò l’Idv potrebbe seguire le orme del Pd prima della scelta di delegare alla società civile, ovvero non partecipare alle nomine. Anche la Lega potrebbe astenersi dal voto. Il Carroccio dovrebbe decidere oggi.
Se fosse così, si libererebbero due poltrone. Di chi saranno appannaggio? Del Pdl, del Pd, dell’Udc, o magari del governo?
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