Ci risiamo. Il “caro” De Benedetti ora vuole che il fondo editoria sia tagliato definitivamente per i giornali “morti”. Cara “immensità”, ce lo dice lei quali sono questi giornali? Liberazione è un giornale morto? Il manifesto è un giornale morto?
Mia illustrissima “immensità”, i giornali appena citati erano giornali veri con redazioni vere, che vendevano nelle edicole ed erano organo di opinione. Questi giornali rappresentano il pluralismo democratico del nostro paese. Beh, morto un Papa se ne fa un altro, direbbe lei, ma forse lei si crede il Papa dei Papi. E per fortuna non lo è nemmeno lontanamente. Cara “immensità” perchè non ha detto queste cose quando il suo gruppo percepiva valanghe di milioni dallo Stato come “contributi indiretti” per tariffe agevolate per le spedizioni e spese telefoniche? Semplice, la cosa non fa notizia. E non c’è nessun reato. La Legge lo prevede-(va). La stessa cosa vale per “Il Fatto”. Il suo motto “non riceve contributi statali” è falso. Chi legge bene la prima pagina infatti, in piccolo, si legge «Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv. in L.270/02/2004) Art. I comma I Roma Aut. 114/2009» che in lingua italiana significa che il quotidiano, dopo averne fatto richiesta, fruisce delle «tariffe postali agevolate per i prodotti editoriali». Il quotidiano diretto da Antonio Padellaro vanta migliaia di abbonamenti dei quali soltanto diecimila forse sono cartacei: gli altri sono tutti online, spediti in formato Pdf. Lo sconto dipende dal peso fisico del giornale, che nel caso è attorno ai 200 grammi e apparteneva quindi allo scaglione che prevedeva uno sconto del 50 per cento; la tariffa di 26 centesimi per copia scende perciò a 13. Ergo, fanno poco più di mille euro. Al giorno.
Calcolando le 312 uscite annuali de Il Fatto (che il lunedì non è in edicola) fanno circa 325mila euro che non vengono pagati e che le Poste si fanno rimborsare dallo Stato, cioè dal contribuente, come si dice. Dai cittadini, direbbe Di Pietro. Insomma prima di parlare e di fare battaglie sarebbe consigliato farsi un esame di coscienza. L’editoria è in crisi. E’ vero che ci sono giornali (vedi caso Lavitola) che insegnano che c’è chi frega soldi allo Stato, ma la maggior parte sono veri giornali che non hanno alcuna intenzione di “morire”. Chiaro sua “immensità”?
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