Il ddl Gentiloni di riassetto tv “sembra ormai superato e in evidente contrasto con le esigenze delle imprese di poter operare in un mercato aperto, dinamico, concorrenziale e meno bloccato”. Aprendo i lavori dell’assemblea della Federazione radio televisioni, il presidente Filippo Rebecchini non ha risparmiato critiche al provvedimento, “incentrato sostanzialmente su una dismissione di reti e una successiva assegnazione di frequenze in analogico”.
Per la Frt, la via maestra per aprire il mercato resta “l’obbligo di cessione del 40% della capacità trasmissiva a fornitori terzi”, già previsto nella legge 66 del 2001: una cessione che “dovrebbe realizzarsi con modalità stringenti e con un controllo costante sui prezzi e sulle condizioni di accesso”. Bocciato anche il limite del 45% alla raccolta pubblicitaria, che “andrebbe ad intervenire solo su chi, nel mercato tv, attinge a tale risorsa in via esclusiva” e cioé Mediaset. E’ fondamentale, invece, che le eventuali misure introdotte “salvaguardino le dimensioni delle imprese” e non siano “ispirate a criteri di penalizzazione”. Inoltre il possibile ingresso di nuovi operatori “spaventa le tv locali, perché comprimerebbe le già scarse risorse del settore”. Rebecchini ha infine ricordato che la Frt ha presentato ricorso al Tar (l’udienza è fissata il 31 gennaio) contro il bando di frequenze lanciato dal ministero delle Comunicazioni per le tv nazionali, definendo “inammissibile l’esclusione delle emittenti locali”. Promossa, invece, la collaborazione tra le parti che ha consentito di raggiungere un accordo per la pianificazione delle frequenze in Sardegna in vista dello spegnimento definitivo del sistema analogico. (FRT)
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