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DDL DIFFAMAZIONE, SI DIMETTE LA RELATRICE. IL TESTO TORNA IN COMMISSIONE. SI RIPARTE DA ZERO

Il ddl diffamazione, dopo l’approvazione della norma che prevede l’interdizione alla professione giornalistica come pena accessoria, è tornato questa mattina all’esame dell’aula del Senato. Il Pd ha ribadito la sua richiesta di ritorno in commissione dell’intera norma. Tuttavia il presidente di turno Vannino Chiti ha scelto di far proseguire il dibattito. «Non essendo oggi emersi fatti nuovi. C’è già stata una votazione», ha dichiarato il vicepresidente del Senato.
Successivamente la capogruppo del Pd in commissione, Silvia Della Monica dimessa da relatrice. Quindi Chiti ha sospeso quindi la seduta. È stata poi convocata una conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama. Si è deciso di rimandare il ddl, di nuovo in commissione per una revisione generale di tutti i punti anche quelli già discussi e approvati.
«La scelta è stata presa dalla Capigruppo all’unanimità eccetto la Lega» ha precisato Renato Schifani, presidente del Senato.
Appena ieri la commissione Giustizia del Senato ha licenziato all’aula il ddl diffamazione, varato in seguito alla condanna per diffamazione a 14 mesi di reclusione all’ex direttore di Libero, Alessandro Sallusti. Ma le problematiche da risolvere e le contraddizioni interne sembrano troppe.
Silvia Della Monica, co-relatrice (insieme a Filippo Berselli) del ddl, nonché capogruppo del Pd in commissione si è dimessa. Proprio ieri la democratica aveva espresso parere favorevole ad un emendamento sulla interdizione “morbida” (che prevede la sospensione, come pena accessoria, solo per i giornalisti recidivi). Tuttavia la Della Monica non ha mai nascoste delle perplessità sulla bontà del testo: «Abbiamo solo ridotto il danno. Ma il testo resta pessimo». Tanto inadeguato da giustificare le sue dimissioni: «Sta nascendo una legge caotica su impulso di una questione [condanna di Sallusti, ndr] che può avere soluzioni diverse», ha affermato l’ormai ex relatrice del ddl.
La seduta è stata sospesa e il testo è tornato per l’ennesima volta in commissione. Orami la “spola” tra questa e l’aula dura da circa un mese e mezzo.
Non si è votato nemmeno sull’articolo 1 del ddl che rappresenta, di fatto, il cuore del provvedimento. In esso, infatti, sono presenti le sanzioni (da 5 a 50 mila euro), l’eliminazione del carcere per i reati di diffamazione e l’obbligo di rettifica estesa anche al web e all’editoria non periodica.
Bisogna dire che Pd e Pdl sono su fronti opposti. I democratici (Della Monica ne è un esempio) sono contrari all’attuale struttura del ddl. Dello stesso parere, per motivi diversi, anche l’Idv, l’Udc, Lega. E anche fuori dal Parlamento lo scontento del mondo della stampa è pressoché unanime. Ne è la prova l’appello di protesta della Fnsi, sottoscritto dai maggiori direttori italiani. I pidiellini, invece, sono favorevoli all’attuale struttura della legge.
Quindi anche il nuovo “soggiorno” del testo in commissione non prevede nulla di buono. Il Pd, anche se potrebbero esserci eccezioni, ha alzato un muro. I senatori del partito di Bersani, Gerardo D’Ambrosio, Vincenzo Vita e Felice Casson non hanno alcuna intenzione di far passare il ddl. Feroci critiche arrivano anche dall’Idv. «Il testo è peggiorato notevolmente rispetto a quello originario e riapre una serie di problemi. È stata introdotta una pena accessoria fuori dal sistema. Non esiste un reato punito con la multa che abbia la pena accessoria. Stiamo cambiando il codice in maniera tumultuosa e caotica. E poi c’è la modulazione dell’interdizione. Un fatto banalissimo, se compiuto per la terza volta, porta alla sospensione dalla professione fino ad un anno», ha affermato Luigi Li Gotti, responsabile Giustizia dell’Idv. Infatti c’è da precisare che dopo la votazione di ieri in commissione, il ddl prevede (o meglio prevedeva) che alla prima condanna non ci saranno sanzioni disciplinari. Alla seconda, però, il giudice potrà decidere se sospendere il giornalista da uno a sei mesi oppure no. Dalla terza recidiva in poi l’interdizione sarà invece obbligatoria: da un mese fino ad un anno.
Da parte del Pd c’è anche chi nutre ancora ottimismo. «Il testo torna in Commissione per un espianto. Va asciugato dalle molte aggiunte che ci sono state in aula e che impedirebbero al mio gruppo di votare l’articolo 1 del ddl. Ora il lavoro che dobbiamo fare in Commissione è far diventare il testo più snello garantendo un maggiore bilanciamento tra il diritto all’informazione e la tutela dei cittadini», ha dichiarato Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd.
Vedremo. Fatto sta che i lavori in commissione dovrebbero riprendere a breve. Il relatore Filippo Berselli, in quota Pdl, ha riferito che al centro dei lavori dovrebbero esserci, di nuovo, i tre punti cardine dell’articolo 1: l’eliminazione della pena detentiva, la precisazione della pena pecuniaria e l’istituto della rettifica.
E per un nuova discussione in aula se ne parlerà martedì prossimo.

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