L’accordo non c’è. E l’esame del ddl diffamazione nell’Aula di Palazzo Madama slitta a lunedì. Troppe le fronde, innumerevoli i contrasti. «Un’aria di astio e di vendetta contro la stampa» ha impedito una sintesi ottimale degli oltre 100 emendamenti presentati al testo. Anna Finocchiaro, capogruppo Pd al Senato, ha osservato: «L’Aula è diventa un’arena». E Maurizio Gasparri, capo dei senatori pideillini a Palazzo Madama, ha ribadito: «Bisogna approvare il testo. È equilibrato». Francesco Rutelli, leader dell’Api, ha chiesto e ottenuto il voto segreto anche per l’annullamento del carcere. Qualcuno è arrivato addirittura a invocare il “caso Tortora”. Intanto Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione per un articolo pubblicato su “Libero”, nel 2007 e sulla cui “onda lunga” del caso è stato varato il nuovo progetto di legge, è tornato a ribadire la sua “sfiducia” per la politica.
Insomma: tutto è stato rimesso in discussione. Il lavoro della commissione Giustizia, a questo punto, rischia di diventare vano. I senatori hanno litigato (di nuovo) su tutto. Emblematiche le parole della Finocchiaro: «Il Senato è diventata un’arena. Si vuole vedere scorrere il sangue». Sono state messe in discussione le sanzioni pecuniarie, le modalità di rettifica, la restituzione dei contributi editoriali in caso di condanna, le regole del web. Come è stato scritto da diversi giornali la «casta politica si è ricompattata contro la stampa».
Sono stati bocciati anche due emendamenti che intendevano tutelare i giornalisti da eventuali richieste risarcitorie intimidatorie e strumentali. Si è parlato anche di un risarcimenti di un decimo della somma richiesta nel caso in cui questa venga considerata ingiustificata. Rimane, invece, l’obbligo di rettifica anche per i libri e per le pubblicazioni non periodiche. Tutte da decidere le modalità di correzione. Ma a conti fatti, il ddl rimane miseramente in alto mare. Come prima, più di prima, visto gli scontri in Aula. Nei giorni scorsi l’unico nemico sembrava il tempo. I parlamentari sembravano tutto sulla stessa lunghezza d’onda. Ora non più. E quindi non si sa ancora se le sanzioni ai giornalisti saranno diminuite o aumentate: se il tetto sarà di 50 o di 100 mila euro. Nulla di fatto neanche per i meccanismi regolatori della rettifica. Rimane la confusione sul web. Addirittura ben 69 pidiellini, 8 democratici, tutti i leghisti, alcuni del Terzo Polo e di Coesione Nazionale hanno riproposto la restituzione dei contributi all’editoria per i giornali eventualmente condannati.
Il leader dell’Api Francesco Rutelli, dal canto suo, ha raccolto le firme di 20 senatori per chiedere il voto segreto sull’articolo 1 della nuova legge. Si tratta delle parte più importante della norma. In essa si stabiliscono l’abolizione del carcere, le modalità della rettifica e l’entità delle multe ai danni del giornalista condannato per diffamazione. Per Rutelli il carcere va mantenuto e le pene pecuniarie non devono essere ridotte. Tra i più estremisti c’è anche Lucio Malan, senatore Pdl: «Io credo in un Dio di Verità che combatte le menzogne». Per Malan le multe dovrebbero essere salatissime e senza alcuna pietà. Il tutto per impedire ai giornalisti di diffamare a proprio piacimento.
Addirittura a fine riunione è stato invocato il “caso Tortora”, un nervo scoperto per giornalisti e magistrati. E l’atmosfera è diventata a dir poco incandescente, a tal punto che la Finocchiaro e Gasparri hanno deciso di sospendere la seduta. Il clima, infatti, stava diventando troppo esacerbato. «C’era tanta acidità verso i giornalisti. Quando ho visto tirare fuori il caso Tortora, ha capito che il dibattito non era più sereno», ha confermato Carlo Vizzini, presidente Pdl della commissione Affari Costituzionali.
«Se salta l’intesa salta tutto», ha dichiarato sconfortato Filippo Berselli, relatore “azzurro” del ddl. «Piuttosto che rischiare di varare una legge non equilibrata, meglio lasciar perdere», ha aggiunto Vincenzo Vita, senatore Pd.
«La legge, cosi come sta uscendo non serve. Anzi è pericolosa e farà retrocedere ulteriormente l’Italia nelle specifiche graduatorie internazionali; a questo punto meglio limitarsi a sopprimere il carcere e rinviare il testo in commissione per una valutazione più approfondita», ha affermato Giuseppe Giulietti, deputato dell’Idv.
«Non basta l’eliminazione del carcere [ammesso che ci sarà, ndr] se si inaspriscono le altre pene», ha rincarato Franco Siddi, segretario della Fnsi.
In tutto ciò Sallusti, il “protagonista originario”, suo malgrado del ddl, ribadisce la sua sfiducia nei confronti del Parlamento: «Le legge cambia sfumature da un giorno all’altro. Non credo che verrà approvata in tempi utili per me». Tradotto in soldoni: c’è il rischio che, da un momento all’altro, Sallusti sia accompagnato dietro le sbarre a scontare la sua condanna. Come andrà a finire?
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Giurisprudenza DDL DIFFAMAZIONE, SALTA L’ACCORDO AL SENATO. SI DECIDE (FORSE) LUNEDÌ. TORNA LO...