Ore decisive in Senato dove si lavora per “sfornare” la nuova legge sulla diffamazione entro il prossimo 11 ottobre. Subito dopo il ddl passerà alla Camera. E qui dovrebbero bastare due settimane per il via libero definitivo al testo. Si arriverebbe così giusto in tempo per il 26 ottobre, data in cui termina anche la sospensione della pena per Alessandro Sallusti, concessa dalla Cassazione. Senza una modifica legislativa il direttore de Il Giornale – condannato per diffamazione per un articolo apparso nel febbraio 2007 su Libero, giornale che all’epoca dirigeva, a firma Dreyfus (ed in cui si commentava la vicenda dell’aborto di una ragazzina di 13 anni) – sarà costretto a scontare 14 mesi di carcere. Sallusti ha già fatto sapere che non chiederà le misure alternative. Intanto il giornalista attende l’esito dei lavori del Parlamento da direttore in carica. Come si ricorderà, Sallusti aveva presentato le dimissioni dalla testata milanese motivando così il suo gesto: «Il Giornale non è costretto ad avere un direttore condannato». Ma Paolo Berlusconi, l’editore del quotidiano di via Negri, gli ha concesso piena fiducia e solidarietà, invitandolo a rimanere al suo posto: «Condurrà dalla sua poltrona la sua e la nostra battaglia» ha detto il fratello del Cavaliere.
Parlamento e Governo, dal canto loro, sembrano anch’essi aver assunto un atteggiamento di piena solidarietà nei confronti dell’ex direttore di Libero. «Serve una riforma complessiva. E bisogna farla in fretta» ha affermato il ministro della Giustizia, Paola Severino, al convegno organizzato qualche giorno fa dalla Fnsi. E così sarà. La volontà, questa volta bipartisan, c’è tutta.
«Grazie a Schifani, il ddl potrà essere approvato direttamente dalla commissione Giustizia, senza passare per l’aula», ha dichiarato Maurizio Gasparri, capogruppo Pdl nell’aula di palazzo Madama. E il materiale su cui lavorare non manca.
Due i ddl in griglia di partenza. Il Chiti-Gasparri e il Costa-Pecorella: non si intralceranno a vicenda, bensì verranno integrati in un solo testo. Il primo, frutto di una intesa bipartisan Pd-Pdl, avrà la precedenza al Senato. Tuttavia il ddl Chiti-Gasparri, «recepirà i punti chiave del Costa-Pecorella», ha assicurato l’ex esponente di Alleanza Nazionale. Inoltre per quanto riguarda eventuali (ma improbabili) resistenze di Pd ed Api, sulla “genesi velocizzata” del testo di legge, queste dovrebbero essere superate con la presentazione di emendamenti ad hoc. E se ne prenderà cura lo stesso Vannino Chiti, vicepresidente del Senato.
L’obiettivo finale è ormai noto e scontato: eliminare la pena detentiva per il reato di diffamazione. Tale legge resiste dal lontano 8 febbraio del 1948 (legge sulla stampa n.47).
Il carcere sarà sostituito con sanzioni disciplinari e pecuniarie. E non è esclusa l’ipotesi di un giurì d’onore (previsto dall’art. 596 del Codice penale) per le prime. Inoltre verrà rafforzato l’obbligo di rettifica. Lo ha precisato lo stesso Gasparri in un’intervista rilasciata a Il Giornale. «Il punto debole della normativa è proprio l’obbligo di rettifica. Anche se esiste già non è mai stato rispettato a dovere» ha affermato il senatore del partito del Cavaliere. Per il capogruppo del Pdl ciò vale anche per i quotidiani online, che mantengono “in vita” la notizia per molto tempo (alcuni praticamente per sempre visto che la rete non cancella mai nulla). In tal caso «deve essere prevista la cancellazione e occorre ripristinare al più presto la verità». Anche la stampa non periodica dovrà adattarsi alle nuove norme. Questa, in caso di diffamazione, non potendo pubblicare in breve tempo la rettifica, «avrà l’obbligo di acquistare uno spazio su un quotidiano».
Dalla sede di via Negri, intanto, Alessandro Sallusti sembra soddisfatto dei “lavori in corso”. «Il Senato sta prendendo la cosa seriamente. Ho fiducia che Schifani faccia quello che è in suo potere per chiudere la pratica al più presto possibile» ha spiegato il giornalista. Tuttavia il direttore de Il Giornale, dopo aver “sparato a zero” su colleghi (soprattutto Mentana, «un finto superpartes», e Feltri che lo avrebbe licenziato) e politici («nel Pdl ho quasi tutti nemici»), non ha risparmiato neanche le giornaliste dell’associazione Giulia. Queste hanno presentato, lo scorso 2 ottobre, un esposto all’Ordine della Lombardia contro Sallusti, in occasione dell’incontro alla Fnsi. «Da subito Giulia si è espressa contro il carcere per Sallusti. Tuttavia riteniamo che ci siano elementi nuovi e gravi per cui è necessario sottoporre il tema all’attenzione dell’Ordine», ha annunciato la segretaria Silvia Grambois secondo la quale l’articolo che è valso la condanna a Sallusti era «falso, inaccettabile». Inoltre «non c’è mai stata rettifica e nessuno ha mai chiesto scusa per un episodio che ha travolto una bimba ed una madre. Pensiamo poi che il direttore non sia superiore ai giornalisti, ma sia primo tra pari e in questo caso non ci sono attenuanti. Per questo “io non sono Sallusti” ha aggiunto la leader dell’associazione ribaltando lo slogan adottato dalla Fnsi. Ma il direttore de Il Giornale non sembra essersi scomodato più di tanto. «Non accetto lezioni da giornalismo da quei cialtroni. Sono mestatori della politica, carichi di odio. Che facciano i giornalisti, forse non l’hanno mai fatto in vita loro. Non c’è stata rettifica, perché si può anche sbagliare in buona fede. È una cosa vecchia, i cui contorni non ricordo neanche bene» ha replicato, a muso duro, Sallusti.
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