DDL DIFFAMAZIONE, IL SENATORE BERSELLI ASSICURA: «SALLUSTI NON ANDRÀ IN CARCERE»

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Il ddl diffamazione è ancora fermo al Senato. Ma mercoledì 17 ottobre dovrebbe passare alla Camera. E lì ci saranno solo 9 giorni di tempo. Filippo Berselli, senatore del Pdl e presidente della commissione Giustizia, è ottimista: «Il testo è condiviso. Non ci saranno intoppi».
Ma facciamo un passo indietro e riepiloghiamo la vicenda.
Il 26 ottobre scade la sospensione della pena per Alessandro Sallusti, il direttore del Giornale condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione aggravata per un articolo scritto da Renato Farina nel 2007 su Libero quando lo stesso Sallusti ne era il direttore.
E seguendo alla lettera la legge italiana Sallusti dovrebbe andare in galera. La legge sulla stampa e il codice penale parlano chiaro: per il reato di diffamazione a mezzo stampa è prevista la pena detentiva. Tuttavia in Italia quest’ultima viene applicata raramente: vengono concesse le attenuanti generiche o la condizionale; la querela viene ritirata; si ottengono le misure alternative; e magari, se si può, si chiede la grazia.
Queste scorciatoie non valgono per Sallusti. Non sono state concesse le attenuanti generiche, né la condizionale perché i giudici hanno giudicato il direttore recidivo e potenzialmente pericoloso. Secondo i togati un direttore di giornale potrebbe commettere lo stesso reato di diffamazione.
L’ipotesi del ritiro della querela c’è stata. Ma è stato lo stesso Sallusti a declinarla. Il giudice Giuseppe Cocilovo, il “diffamato”, autore della querela, ha proposto un accordo in denaro. La somma sarebbe stata devoluta a Save the Children. Ma Sallusti ha rifiutato: «La mia libertà non è in vendita».
Il direttore del Giornale ha rifiutato anche le misure alternative. La Cassazione, il 26 settembre, ha dato questa possibilità. Sallusti potrebbe chiedere tramite il suo avvocato, l’affidamento ai servizi sociali, la semilibertà o i domiciliari. Ma il direttore non lo farà: «Sarebbe come ammettere di aver sbagliato. Non ho bisogno di essere rieducato». Lo stesso vale per la grazia. La si può chiedere al Capo dello Stato, ma «Napolitano non ha dimostrato, durante il suo mandato, di voler riformare la giustizia italiana».
Dunque Sallusti si affida alla legge, anzi al Parlamento che dovrebbe cambiarla. Il governo ha rinunciato all’ipotesi del decreto legge. Mai come in questo caso c’erano le caratteristiche di necessità, importanza e urgenza (un giornalista che va in galera per un articolo scritto da altri non è cosa da poco). E quindi ci sarà una vera e propria legge. Infatti si è partiti subito. E è stato redatto un “ddl diffamazione” che riscrive alcune norme della legge sulla stampa e del codice penale. Tale disegno di legge ha preso il nome di ddl Chiti-Gasparri, dai suoi due principali relatori. Ed è stato subito una corsa contro il tempo. Infatti il presidente del Senato ha permesso l’approvazione con l’iter abbreviato nella commissione Giustizia senza passare per il voto dell’Aula. E così sarà. Tuttavia non sono mancati intoppi. E qualche giorno fa, per un solo voto di un senatore non è saltato tutto. Stando alle ultime novità il Senato dovrebbe licenziare il provvedimento mercoledì 17 ottobre. Poi la “palla” passa alla Camera. E lì ci saranno appena nove giorni di tempo. E non è del tutto scontato che Gianfranco Fini, presidente della Camera, permetterà l’iter abbreviato come ha fatto Renato Schifani.
C’è chi teme un “fatale” ritardo e chi ha fiducia. Filippo Berselli è ottimista. «Martedì in commissione avremo emendamenti, sub emendamenti e i pareri del ministro della Giustizia Paola Severino, e già mercoledì potremo chiudere». Riguardo a possibili “boicottaggi”, Berselli spera che non ci saranno: «Non ci sono state contestazioni particolari. Tutti hanno dato atto del nostro impegno. Poi è chiaro che il rischio di un blitz è sempre dietro l’angolo. Bastano cinque senatori per far saltare la deliberante. Ma ho motivo di credere che non accadrà perché abbiamo raccolto tutte le indicazioni dei senatori e del ministro». Quindi, secondo Berselli, il parlamento farà in tempo a depennare il carcere per i reati di diffamazione entro il 26 ottobre. È il merito è tutto della fama di Sallusti. E lo stesso senatore, in un’intervista al Giornale, che lo ammette: «Senza il “caso Sallusti” non l’avremmo approvata mai la legge. La vicenda Sallusti ha dato un’accelerazione notevole. Ma non è una legge ad personam, serve a togliere il carcere ai giornalisti».È un bello auspicio, ma in effetti non è del tutto vero: i giornalisti possono andare in prigione anche per pubblicazione arbitraria di atti processuali e per violazione della privacy. Magari bisogna attendere qualche altro caso famoso per cambiare qualche altra legge?

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