DDL DIFFAMAZIONE FERMO AL SENATO. È UNA CORSA CONTRO IL TEMPO

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Ddl diffamazione: l’iter abbreviato è salvo per un voto. Oggi a palazzo Madama è in programma l’esame dei 104 emendamenti. Poi, se tutto andrà bene, martedì ci sarà il passaggio del testo alla Camera. Intanto la bozza è ferma in Senato. E ancora: cosa succederà una volta a Montecitorio?
Si sono persi giorni preziosi. Ma poteva andare peggio. Sarebbero bastate cinque firme (un quinto dei componenti della commissione Giustizia formata da ventiquattro senatori) per bloccare l’approvazione “urgente” della legge “Salva Sallusti” in sede deliberante e chiedere l’accesso al normale e più lungo iter parlamentare. I senatori “dubbiosi” erano addirittura sei: Gerardo D’Ambrosio del Pd, Donatella Poretti dei Radicali, Franco Bruno dell’Api, Luigi Li Gotti dell’Idv, Achille Serra dell’Udc e Carlo Giovanardi del Pdl. Alla fine questi ultimi due si sono ritirati, altrimenti sarebbe saltato tutto. E a quel punto solo una amnistia o un provvedimento eccezionale avrebbero evitato le manette ad Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione aggravata (in seguito ad un articolo pubblicato su Libero nel 2007, firmato Dreyfus e scritto da Renato Farina) e la cui sospensione di pena termine il 26 ottobre.
Senza il “boicottaggio” (definito così da “Il Fatto Quotidiano”) il ddl sarebbe stato licenziato oggi stesso, per poi passare alla Camera per l’approvazione definitiva. Invece no. Il testo è rimasto fermo ai box. Certo, è rimasto l’iter abbreviato. Ma quanto “abbreviato”? Per capirci: stamattina si esamineranno i 104 emendamenti presentati. Poi martedì potrà esserci il passaggio nell’aula di Montecitorio. E si tratterebbe ancora della procedura “veloce”. Come a dire: le lungaggini del normale iter sono dietro l’angolo. Tutto ancora può accadere. Compresi ulteriori e prolungati “intoppi” di natura burocratica.
Infatti ai quattro senatori “dissidenti” potrebbe sempre aggiungersene un altro. Il Giornale “propone” già un nome: quello di Alberto Maritati del Pd, collega di D’Ambrosio (entrambi magistrati).
In ogni caso per ora in commissione Giustizia si continuerà a studiare e limare il ddl. Alcuni parlamentari temono che non si riuscirà a terminare i lavori entro il 26 ottobre, termine ultimo per evitare il carcere all’ex direttore di Libero. Si è già persa una settimana. Inoltre c’è sempre l’incognita Parlamento. Non è detto che il presidente della Camera, Gianfranco Fini, acconsenta, come ha fatto Schifani in Senato, all’iter abbreviato.
Insomma: le incognite restano tante. Anzi troppe. Se si vuole realmente salvare Sallusti dalla galera, servirebbe un decreto legge che si limiti ad eliminare la pena detentiva. Tutto qui. Poi per quanto riguarda le sanzioni pecuniarie e disciplinari, che sono molto difficile da calibrare, ci sarà tempo in futuro.
Ci sarebbero anche le ipotesi della amnistia e della grazia da prendere in considerazione, ma avrebbero il sapore delle “toppe” e, a conti fatti, rischierebbero solo di simboleggiare l’incapacità del nostro Parlamento di far fronte alle emergenze.

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