Tale procedimento prevede che ogni editore teutonico che vorrà inserire i propri contenuti nel portale di ricerca Google, dovrà comunicarlo in maniera esplicita, altrimenti in automatico scatterà la deindicizzazione totale dal motore di ricerca.
Ma facciamo un passo indietro.
L’iter legislativo per il varo della legge sul copyright online ha avuto inizio lo scorso 1 marzo quando gli editori della carta stampata, mossi da un sensibile e fisiologico calo delle vendite, hanno invocato una norma ad hoc che tassasse gli aggregatori di notizie online. Di fatto già dal 2012 qualcosa bolliva in pentola visto che il provvedimento volto a regolamentare il diritto d’autore giornalistico online era da tempo caldeggiato dai grandi nomi dell’editoria tedesca come Bertelsmann e Axel Springer.
Il testo, detto “Leistungsschutzrecht für Presseverleger” (legge sul copyright accessorio per gli editori della stampa), incassato il beneplacito della Merkel e della sua coalizione di governo, ha ricevuto l’ok definitivo del Bundestag il 22 marzo (293 voti a favore contro 243 contrari).
In sostanza la legge prevede che Google e gli altri motori di ricerca paghino una royalty agli editori sui contenuti pubblicati. Ogni testata ha il diritto di regolare la disponibilità pubblica, parziale o completa, a scopi commerciali, delle notizie pubblicate.
Esenti dall’obolo, gli aggregatori che riportano singole parole, link e snippet (una breve porzione di testo).
E qui però la questione non è del tutto chiara: quale è il limite di parole affinché la citazione possa ritenersi libera da tassazione?
Non è stata di fatto dichiaratamente fissata la lunghezza di quest’ultima.
Il “Der Spiegel” ha avanzato una sua definizione, circoscrivendo la brevità minima a 160 caratteri, ma molti dubbi restano inevasi.
Ora a pochi giorni dall’entrata in vigore della norma, Google ha preso posizione, chiedendo esplicitamente ai singoli editori dei quotidiani se vogliono che i loro articoli continuino ad essere indicizzati e presenti sul motore di ricerca sotto la sezione “notizie”, oppure no.
Come prevedibile il polverone di polemiche sollevato dal provvedimento non si è placato. Dagli internauti alle parti politiche, sono in molti a temere il rischio di un blocco totale delle informazioni in rete, assieme alla possibile perdita di eterogeneità dei media.
Sembra che, eccetto i grandi editori, nessuno benefici della legge, come ribadisce Tabea Rossner, esponente del Partito dei Verdi. “Nessuno, eccetto alcuni grandi editori, vuole questa norma. E di certo nessuno nel mondo della rete”.
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