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DA ARTHUR PRESTON A YOUKOSKE: LA REPRESSIONE DELLA PIRATERIA ATTRAVERSO I SECOLI

Il 25 maggio il sito YouKioske è stato oscurato ed i tre responsabili del portale sono stati arrestati con l’accusa di costituzione e adesione ad un’organizzazione criminale. Le organizzazioni dei grandi editori hanno esultato anche perché quest’azione rientra nell’ambito di quelle pilota, avviate dai medesimi editori, rivolte a stanare i pirati. Ed esultano nonostante l’oscuramento del sito sia avvenuto in base ad un’ordinanza di fermo e non ad una sentenza. In altri termini si tratta di un’azione di polizia.
La lotta alla condivisione dei contenuti passa, quindi, dalle aule del Parlamento, o da quelle di giustizia, alla strada, con i rappresentanti degli editori che accompagnano i poliziotti nelle irruzioni negli edifici privati.
Non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Infatti già nel 1903 Arthur Preston venne ingaggiato dai principali editori di spartiti musicali, associati presso la MPA, per combattere i pirati di allora. I contenuti non erano certo multimediali; la battaglia di inizio secolo era basata sulla riproduzione dei testi musicali, completi di note, da parte di piccole tipografie con edizioni da due pence, a fronte di un costo per le edizioni originali di circa trentadue pence. E, come al solito, i pirati erano a migliaia, tipografi, trasportatori, venditori e ambulanti per le strade. L’industria ricorse ad un uomo, per l’appunto, Preston, il quale, a sua volta, si trasformò in commissario di pubblica sicurezza ed iniziò a sequestrare materiale a gò gò, arrivando addirittura al punto di arrestare i trasgressori di una legge che, allora come oggi, non esiste. Tutto ciò avveniva in Inghiliterra, dove più di copyright valeva e vale il concetto di libertà e man mano i Tribunali iniziarono a ritenere illegittime le attività di Preston e dei suoi mandanti, le case editrici. Ma visto che la storia si ripete, nel 1904, un avvocato, tale Sir Harry Poland, prendendo atto che con la legislazione vigente non fosse possibile perseguire i pirati, suggerì di circoscrivere la fattispecie nell’ambito di un ben più grave crimine, la cospirazione, ossia l’associazione di soggetti diversi per perpetrare un reato. All’inizio del dicembre del 1905 fu avviato, con l’accusa di cospirazione, un processo contro i soggetti che erano precedentemente incorsi nelle perquisizioni, illegali, di Preston. Il principale teorico della libertà di riproduzione degli spartiti, James Frederick Willetts, fu condannato a nove mesi. La tesi della cospirazione contro la proprietà aveva retto alle tesi dell’accusa. Ciò nonostante le norme vigenti non vietassero la riproduzione degli spartiti. In realtà le case editrici ebbero una vittoria di Pirro, in quanto da lì a pochi mesi diminuirono il prezzo degli spartiti a cinque pence con delle edizioni economiche qualitativamente superiori a quelle delle edizioni dei cosiddetti pirati. Che vennero sconfitti, quindi, dalle leggi del mercato e non da quelle volute dalle lobbies delle industrie editoriali.
Insomma, cambiano i contenuti, ma i mezzi di repressione rimangono gli stessi; come l’atteggiamento dell’industria dei contenuti, più attenta alle gabole che ai contenuti stessi.

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