Ma possibile che anche gli interventi di un comico, per quanto famoso e per quanto prestigiosa la sede in cui si esibisce, sono soggetti alla valutazione di un ente pubblico? Ma non sono vent’anni che dicono viva la libertà, tutti, destre e sinistre, sinistre e destre, centri, diametri e circonferenze?L’intervento di Crozza a Sanremo può essere piaciuto o meno, ognuno ha i suoi strumenti per valutarlo. Ma che fosse satira è inequivocabile; e la satira per definizione è irriverente, deve uscire fuori dagli schemi e se è buona satira negli schemi non deve rientrare. Che poi sia periodo di elezioni e vale la regola della par condicio poco conta. La satira è il diritto di prendere per i fondelli, di irridere il potere; anzi di deriderlo. Serve per scherzare, per sdrammatizzare i toni, per far ragionare con il sorriso sulle labbra. Laddove la satira diventi offensiva ci sono strumenti di ristoro per i diffamati e per i calunniati, si entra nel merito del processo, il comico si difende ed un giudice valuta. Ma dopo. Si valutano i fatti. Non so chi ha chiesto all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di esprimere un parere sulla prestazione di Crozza. Ma ritengo che se cotanta Autorità avesse saputo interpretare il suo ruolo avrebbe dovuto dire solo una cosa: noi ci accertiamo che tutti possano dire la loro e che nei periodi elettorali la possano dire con uguale visibilità. Ma la satira va oltre il diritto di cronaca. E di questa differenza si discetta da oltre duemila anni. Noi, ossia l’Autorità su roba de genere non mettiamo becco. E invece no, solito linguaggio ministeriale e la satira di Crozza diventa politicamente corretta. Se fossi in lui mi offenderei. E se qualcuno aveva il diritto di bacchettarlo quella era la sua professoressa di storia, lei si che ha fatto una figuraccia nella grande arena del grande festival di Sanremo.
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