“Denunciare il comportamento dell’azienda e dell’editore Matteo Fago che hanno fatto della politica del rinvio la loro linea guida”. È l’obiettivo della protesta dei giornalisti dell’Unità, che hanno deciso di non firmare gli articoli a partire da oggi. L’ultimo stipendio percepito – scrivono in una nota – è quello relativo al mese di marzo.
Ecco la nota integrale pubblicata ieri sul sito del quotidiano:
I giornalisti dell’Unità da oggi non firmano gli articoli. Una decisione presa in assemblea con la partecipazione del presidente della Fnsi e del vicepresidente dell’Associazione stampa romana.
È la forma di protesta scelta per denunciare il comportamento dell’azienda e dell’editore Matteo Fago che hanno fatto della politica del rinvio la loro linea guida. Ci era stato detto che l’assemblea straordinaria dei soci del 14 maggio avrebbe dovuto assumere decisioni definitive sul futuro del nostro giornale e delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Unità.
Nulla di tutto questo è avvenuto.
Si è scelto di rimandare ogni decisione a fine mese, mantenendo un atteggiamento inaccettabile fatto di opacità, di silenzi assordanti, di rimpallo di responsabilità. Responsabilità invece manifestata dai lavoratori che hanno continuato a garantire l’uscita del giornale nonostante l’ultimo stipendio percepito sia quello relativo al mese di marzo.
Decidere un’altra giornata di sciopero è per noi un pesante sacrificio, per più motivi,ma non esiteremo a farlo se dall’editore non dovessero arrivare in tempi brevi risposte esaurienti. Con scelte irresponsabili dell’azienda si mette a rischio il futuro stesso della testata.
Noi faremo di tutto per contrastare disegni che possano portare al fallimento e alla chiusura dell’Unità. Ci batteremo in tutte le sedi perché sia garantito un futuro al nostro giornale e mantenuti gli attuali livelli occupazionali.
E chiediamo che questi impegni vengano fatti propri dal Partito democratico, che in questi giorni ha manifestato, insieme alla Cgil, solidarietà alla nostra lotta. È oggi che questa solidarietà, espressa finora soltanto a parole, deve tradursi in atti concreti e coerenti.
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