Crisi editoria. L’analisi di Norma Rangeri sulle pagine de “Il Manifesto”

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La garanzia del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione costituisce strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta; si tratta di una necessità avvertita dalle forze politiche, dal mondo della cultura, dalla società civile. (Carlo Azeglio Ciampi)
La garanzia del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione costituisce strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta; si tratta di una necessità avvertita dalle forze politiche, dal mondo della cultura, dalla società civile. (Carlo Azeglio Ciampi)
La garanzia del pluralismo e dell’imparzialità dell’informazione costituisce strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta; si tratta di una necessità avvertita dalle forze politiche, dal mondo della cultura, dalla società civile. (Carlo Azeglio Ciampi)

Vogliono sof­fo­care il mani­fe­sto. E pro­prio in un momento fon­da­men­tale della nostra sto­ria: l’acquisto della testata. Vogliono can­cel­lare una voce, sto­rica, dell’informazione in Ita­lia. E insieme a noi altre decine e decine di testate gior­na­li­sti­che, di carta ma anche radio e tv. E que­sto gra­zie a una spen­ding review che nel nostro set­tore è appli­cata in modo spietato. Una ridu­zione dei rim­borsi per l’editoria era attesa. Ma non in que­ste dimen­sioni e soprat­tutto non con un taglio retroat­tivo. Non fino al punto di con­fi­gu­rarsi come una vera e pro­pria cen­sura poli­tica, come una ghi­gliot­tina per tante voci dell’informazione. E invece, se Palazzo Chigi non tor­nerà sui suoi passi, i peg­giori timori si avve­re­ranno: deca­pi­tando il fondo dell’editoria, il governo into­nerà il de pro­fun­dis per migliaia di gior­na­li­sti, impie­gati, ope­rai. Si può discu­tere su un fondo per l’editoria dato a mac­chia d’olio, si può per­fino eli­mi­nare, anche se noi, e non solo noi, abbiamo molti dubbi. Però non si può agire così vigliac­ca­mente. Per­ché viene dato un colpo basso, pro­di­to­rio, visto che il taglio si rife­ri­sce ai rim­borsi per il 2013, appo­stati nei bilanci già chiusi l’anno scorso. Di con­se­guenza tan­tis­sime testate dovranno por­tare i libri in tri­bu­nale e dichia­rare fallimento. È una vera e pro­pria deca­pi­ta­zione di una parte dell’informazione ita­liana. Si tratta della can­cel­la­zione di molte voci con sto­rie diverse ma tutte espres­sione di una plu­ra­lità di punti di vista poli­tici, cul­tu­rali, sociali desti­nati a scomparire. Non siamo così miopi da non vedere e così stolti da non sapere che il fondo per l’editoria è stato in anni pas­sati anche un pozzo di denaro dove attin­gere soldi, per far nascere ini­zia­tive edi­to­riali finte, di fac­ciata, uti­liz­zate per altri fini e per arric­chire le tasche di fac­cen­dieri e impren­di­tori senza scru­poli. Per­ché gli edi­tori puri, in Ita­lia, sono una rarità. Anche die­tro la voce «coo­pe­ra­tive» si sono con­su­mate truffe e rube­rie. Però adesso si butta via il bam­bino con l’acqua sporca. Con due imme­diate con­se­guenze: un forte appan­na­mento nel mondo dell’informazione e il licen­zia­mento di cen­ti­naia di lavo­ra­tori del set­tore (tipo­gra­fie, distri­bu­zioni, car­tiere) che andranno a ingros­sare le già enormi per­cen­tuali della disoccupazione. C’è una logica — anti­de­mo­cra­tica — in que­sta scelta del governo che sce­glie di chiu­dere decine di testate in un colpo solo. È invece più dif­fi­cile da com­pren­dere e da spie­gare una deci­sione presa all’insegna del rispar­mio delle risorse pub­bli­che, quando si sa che ne dovranno essere impie­gate molte ma molte di più per fron­teg­giare gli ammor­tiz­za­tori sociali (mobi­lità, cassa inte­gra­zione, pen­sio­na­menti) per i licen­zia­menti e gli stati di crisi pro­vo­cati dai tagli. Per farvi capire l’entità del colpo, basta il nostro caso: nel 2012 i liqui­da­tori, che «cura­vano» le casse del mani­fe­sto, hanno rice­vuto 2 milioni e 700 mila euro di rimborsi. Per il 2013 alla nostra nuova coo­pe­ra­tiva forse ne arri­ve­ranno 600mila. Dun­que siamo di fronte non già a un mici­diale dimez­za­mento ma alla spa­ri­zione di oltre tre quarti dell’intero ammon­tare per l’anno passato. E que­sto è un aspetto sul quale vogliamo insi­stere. Il governo agi­sce in modo dav­vero scor­retto, per­ché inter­viene sul pas­sato, retroat­ti­va­mente, su rim­borsi che cen­ti­naia e cen­ti­naia di lavo­ra­tori aspet­tano da tempo con ansia, per­ché in tanti sono senza stipendio. La vio­lenza e la vigliac­che­ria della deci­sione è senza precedenti. Per noi, se le cose non cam­biano, il con­tri­buto fal­ci­diato sarà appena suf­fi­ciente a coprire pic­cola parte dei costi legit­ti­ma­mente già soste­nuti. Per­ciò l’improvviso e ina­spet­tato abbat­ti­mento delle risorse pub­bli­che, pro­prio men­tre siamo impe­gnati nell’impresa di acqui­stare la testata, è per «il mani­fe­sto» un colpo duris­simo. Non vogliamo sospet­tare che il nostro gior­nale sia il boc­cone più ghiotto di que­sta ope­ra­zione distrut­tiva dell’informazione — quale altro gior­nale nazio­nale dà tanto spa­zio alle voci sin­da­cali, poli­ti­che, sociali ecul­tu­rali alter­na­tive? — ma come sug­ge­riva un antico navi­ga­tore della poli­tica ita­liana «a sospet­tare si fa pec­cato, ma spesso ci si indovina». Eli­mi­nare un gior­nale nazio­nale che non ama il pre­si­dente del con­si­glio e soprat­tutto que­sto governo centro-sinistra-destra, che dopo la chiu­sura dell’Unità è l’unico a dare voce al males­sere del dis­senso interno al Pd, che com­batte sul fronte dei diritti del lavoro, che con­si­dera il libe­ri­smo ren­ziano l’ultimo sta­dio della crisi ita­liana anzi­ché la sua solu­zione, può rap­pre­sen­tare una ten­ta­zione, un desi­de­rio non detto.

Norma Rangeri. Articolo completo al link: http://ilmanifesto.info/la-ghigliottina-di-renzi/

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