La possibilità della chiusura delle attività editoriali non era stata neppure ventilata nel corso della verifica sull´andamento del piano di salvataggio dell’azienda. I rappresentanti di Mag editoriale, avevano avanzato l’ipotesi che i giornalisti di DNews costituissero una cooperativa per rilevare la testata, rinunciando a garanzie contrattuali e retribuzioni, in cambio di un non meglio precisato affiancamento nella gestione del quotidiano da parte della Emotional: una soluzione respinta all’unanimità dalla redazione. La decisione improvvisa dell´Azienda di staccare la spina a un quotidiano presente sul mercato da oltre 5 anni è apparsa dunque come la reazione scomposta e ricattatoria per il “no” dei giornalisti all´inaccettabile proposta della società. Si va avanti fino al Giugno 2013 quando purtroppo DNews chiude i battenti e tutto il personale va in ferie forzate. All’improvviso. Una decisione che ha sorprese tutti e che fu denunciata dal Comitato di redazione, in accordo e pienamente sostenuto da Fnsi, Associazione romana della stampa e Associazione lombarda dei giornalisti. Il comportamento della Mag editoriale fu ritenuto scorretto e ritenuto inaccettabile perché “comunicata al solo Cdr senza alcun preavviso, in palese violazione anche dell’articolo 34 del Cnlg”. L’iniziativa unilaterale dell’azienda arrivò a nemmeno un anno e mezzo dall’acquisto dell’intera quota della Mag editoriale dal gruppo di Mario Farina e con l’impegno ufficiale da parte del nuovo socio unico Emotional advertising, di iniziative di rilancio e sostegno di DNews, rese possibili anche grazie al fatto che la stessa società gestiva anche la raccolta pubblicitaria e con il contributo di sacrificio economico della redazione, che accettò un nuovo e pesante contratto di solidarietà che prevedeva anche incentivi per l’uscita di singoli giornalisti, mai effettivamente pagati dall’azienda.
La free press come modello spostava il target dal lettore all’inserzionista, ti regalo il giornale, si, ma poi devi accettare di essere trattato come un telespettatore. Al tempo di Internet, della notizia gratuita, sembrava un sistema vincente; non lo è stato. Probabilmente la ragione è semplice, la lettura è e rimane un piacere, occorre dedicargli tempo, attenzione. Ed allora forse il problema non è il costo del prodotto, per quanto la crisi faccia sentire forte l’aria di tempesta, ma la qualità dei contenuti. I free press funzionavano a livello locale, ma erano piccole, piccolissime iniziative, del tutto destrutturate, lontane anni luce dal mondo del contratto nazionale; e erano editi da giovani che stanchi dei soliti piagnistei dei tanti, troppi giornalisti disoccupati, figli delle ristrutturazioni, delle chiusure e sempre più spesso di costose quanto improduttive scuole di giornalismo, che nella vita hanno deciso di sentirsi precari. Ma non erano aziende editoriali ma iniziative artigianali, in cui uno fa tutto, e mettendoci del suo cerca di farlo bene. Ma non è la riscossa della free press, è solo l’effetto dell’imbuto del sistema distributivo. Ma il vero problema rimane il lettore, che va rimesso al centro dell’attenzione.
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