Crimi “rassicura” i suoi: “Nessun dietrofont né su Radio Radicale né sulle altre ‘anomalie'”

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Vito Crimi “rassicura” i suoi e per farlo lancia la croce addosso a Radio Radicale e alle “tante piccole e grandi Radioradicali” italiane. Il taglio ai contributi per l’editoria, perciò, rimane una priorità infallibile per il governo a guida Movimento Cinque Stelle.

Il sottosegretario con delega all’editoria smentisce le voci di speranza che si levavano dalle indiscrezioni parlamentari per finire direttamente sulle colonne dei giornali italiani. E lo fa, ovviamente, dal trespolo social di Facebook.

“Vorrei tranquillizzare chi oggi si è ritrovato a leggere articoli su presunti “salvataggi” di Radio Radicale e “dietrofront” del M5S. Sono tutte menzogne, utili solo a distorcere la realtà anziché raccontarla per com’è veramente. Ma oramai ci siamo abituati. Da mesi ci accusano di voler “zittire”, “silenziare”, “sopprimere” le “voci libere”, “limitare la libertà d’informazione”, e di stampa, di pensiero, di parola. Ci hanno perfino accusati di voler “chiudere la radio”. Sempre menzogne. Nessuno ha mai voluto limitare, né zittire, né chiudere niente”.

E afferma: “Sono gli stessi ipocriti che negli ultimi 25 anni non hanno mosso un dito, mentre lo Stato finanziava con oltre 200 milioni di euro una radio privata di partito per trasmettere le sedute di Camera e Senato, il tutto senza gara e con decreti scaduti. Forse ha ragione Peter Gomez, quando sostiene che la categoria dei giornalisti sta facendo di tutto per suicidarsi, bruciando la propria credibilità”.

Crimi rivela che l’obiettivo del governo è quello di salvare l’archivio storico di Radio Radicale. E basta. “Mi chiedo quanti abbiano davvero letto la mozione di maggioranza su Radio Radicale approvata oggi in Senato. Non c’è alcun dietrofront, né salvataggio, né proroga della concessione. E non c’è alcuna “chiusura”. C’è anzi la volontà di mettere in sicurezza l’archivio storico della radio, il cui valore nessuno ha mai osato mettere in dubbio. E c’è l’unica, vera, novità: la fine dei privilegi”.

Quindi ripercorre le accuse: “Per 25 anni governi di destra e di sinistra hanno legittimato una situazione al limite della legalità. Fin dal 1994, quando Radio Radicale vinse la prima e unica gara, ottenendo la concessione per trasmettere le attività di Camera e Senato. Una gara cucita su misura, con requisiti ai quali poteva rispondere la sola radio dei Radicali. Doveva essere una soluzione temporanea, per consentire al servizio pubblico Rai di organizzare un proprio canale radio (non lo dice Crimi, lo dicono le leggi). Invece, dopo la prima (finta) gara, non c’è stato più nulla: zero gare (vere), zero indagini di mercato, zero valutazioni economiche, zero organizzazione in Rai. Solo proroghe, proroghe e ancora proroghe di un privilegio per una radio privata, fino ad oggi. Sono 17 (diciassette) i decreti reiterati e mai convertiti in legge che fino ad oggi hanno consentito a Radio Radicale di trasmettere e di incassare contributi pubblici per oltre 200 milioni di euro. Senza contare i 140 milioni percepiti come “contributo alle imprese radiofoniche di informazione di interesse generale”. Insomma per Radio Radicale in questi 25 anni i cittadini hanno pagato oltre 330 milioni di euro. Un bel regalo, non c’è che dire, per una radio di partito (il 62% delle quote è detenuto dall’Associazione politica Lista Marco Pannella) che vede fra i suoi azionisti anche Lillo Spa, la holding finanziaria dei supermercati MD che vale 2,3 miliardi di euro”.

Quindi riprende il mantra del liberismo che il Cinque Stelle impugna, come una clava, solo contro l’editoria: “Dov’è il “libero mercato”, la “concorrenza”, la “democrazia”, in tutto questo? Tutto azzerato, per 25 anni. Ma stavolta, finalmente, una gara (vera) si farà. Con la mozione approvata il Parlamento impegna il Governo a scrivere una legge seria e risolutiva, per stabilire come deve essere gestito il servizio radiofonico istituzionale. E se gara deve essere fatta, questa volta sarà fatta bene. Non come la pagliacciata del 1994. Questa volta la gara dovrà prevedere principi di trasparenza, economicità, valutazione, controllo e molto altro. Questa sì, é una grande novità rispetto al passato. Perché dopo 25 anni in cui tutti i partiti – nessuno escluso – si sono piegati senza fare niente, ora si cambia davvero”.

Quindi, ovviamente, ancora contumelie alla stampa e a tutte quelle testate locali, punti di riferimento di territori e minoranze, tutelate (in teoria) dal principio costituzionale del pluralismo dell’informazione ma che, nei fatti, il governo vuole silurare: “I fatti che dovremmo leggere ovunque e che i giornalisti dovrebbero raccontare. Un peccato non ce ne sia traccia. L’Italia è piena, stracolma di tante piccole e grandi “radioradicali”: questioni in sospeso, nodi da sciogliere e problemi irrisolti da decenni che ancora oggi invocano una soluzione. ‘Anomalie’ che l’incapacità e l’inerzia dei governi che si sono succeduti ha contribuito a peggiorare, a complicare, a bloccare ancor di più. I cittadini ci hanno votati per cambiare le cose che non funzionano. Ci hanno scelti per sistemare quello che non va, per risolvere i problemi, portare soluzioni. Ed è quello che stiamo facendo. Andiamo avanti e non ci fermiamo, nemmeno davanti all’ipocrisia di chi in questi 25 anni avrebbe dovuto trovare soluzioni ed oggi è in prima fila ad accusare chi sta finalmente portando soluzioni”.

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