Don Vito Crimi alla fine ha la fissazione delle fake news; tutto ciò che esiste non è. Nulla di eleatico, per carità, è solo fake news. Il problema è che poi lui dicendo che quello che non è, dice cose non vere, trasforma la realtà delle cose. Nel decreto legge di agosto non ci sono misure che aumentano il contributo diretto all’editoria, quello a favore delle cooperative e dei giornali autonomi: questo è vero. Ma non è vero che le misure contenute nell’articolo 96 del decreto-legge in fase di conversione prevedono solo il credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari e generiche misure rivolte a sostenere, come dice il leader minimo del movimento cinque stelle, il settore delle cartiere e dei poligrafici.
Perché in quell’articolo c’è una misura che ha introdotto un contributo sull’acquisto della carta nel 2019, e che quindi nulla ha a che fare con le cartiere. Che tra l’altro, ma tutto questo Crimi non lo sa, sono per la stragrande maggioranza multinazionali con stabilimenti produttivi all’estero, ma chi se ne frega. E poi ci sono delle misure in materia di agevolazione sull’Iva e di sostegno agli investimenti digitali effettuati sempre nel 2019. In altri termini i contributi diretti all’editoria sono aumentati; giustamente, per carità, basterebbe quello che dice in un recente documento la Commissione Europea sullo stato del pluralismo in Europa. No, ma il punto non è quello; il traballante Crimi su una cosa non traballa mai e come una freccia dall’alto schiocca. Bisogna far chiudere i giornali, ma quelli piccoli, il problema dell’Italia sono Il Manifesto e le centinaia di piccoli giornali che impunemente continuano a cercare di andare in edicola. Ma è evidente che esiste una chiara strategia politica: Crimi non vuole essere ricordato per l’uomo che ha estinto il movimento cinque stelle.
Meglio aver chiuso centinaia di giornali, altrimenti, alla storia come ci passa?
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