Crimi “investire sul digitale” ma il mercato editoriale è in crisi

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Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria, Vito Crimi, nei giorni scorsi in un’intervista alla voce del Popolo di Brescia, il settimanale della diocesi di Brescia, ha espresso la sua posizione in merito al mercato editoriale italiano.“Non si tratta più di limitarsi a erogare fondi alle aziende editoriali”, ha sottolineato Crimi, secondo il parere del penta stellato invece, la domanda da porsi è “se un giornale distribuito a livello locale è preso e gettato subito nel cestino o se veramente è percepito come significativo strumento d’informazione per il territorio”. “Oggi questa differenza non interessa, – ha aggiunto il sottosegretario – eppure è di capitale importanza. Quello che ancora devo capire e mettere a punto è il modo in cui si possa arrivare a questo tipo di verifica”. Un finanziamento, a suo avviso, dovrebbe essere erogato, in particolare, per il “sostegno dell’avvio di prodotti editoriali digitali”. “In questo caso – spiega – il sostegno potrebbe essere anche totale e coprire un certo numero di anni, a patto che il progetto presentato garantisca allo stesso di riuscire a camminare, dopo un certo periodo di tempo, con le proprie gambe, così da ridurre progressivamente la presenza dello Stato”. Dalle parole di Vito Crimi emerge la volontà del governo di “continuare a investire sul digitale, anche con incentivi”, in particolare su start-up, perché “la stampa italiana possa cogliere occasioni che vanno facendosi sempre più ristrette.  La formula proposta dal sottosegretario  non soddisfa però le esigenze del mercato editoriale, da anni paralizzato da una crisi che stenta a vedere giorni migliori.  Le soluzioni avanzate dal pentastellato  sollevano invece perplessità profonde che rilevano una minimizzazione delle problematiche e delle dinamiche del settore editoriale.  Oggi il mercato dell’editoria è il risultato della combinazione di vicissitudini economiche che sostengono con affanno i cambiamenti in corso. Questo passaggio in atto ha provocato lavoro precario e disorientato gli editori che si sono trovati impreparati davanti al veloce work in progress del mercato tecnologico.  I proprietari dei dati e degli algoritmi dominano il mercato editoriale e l’informazione, con incettabili vantaggi fiscali, e hanno  destabilizzato i sindacati che con fatica cercano di trovare soluzioni flessibili per la classe dei lavoratori, mentre le strategie pensionistiche non reggono le nuove domande del mercato perché il calo dell’occupazione è costante. Il sottosegretario Crimi dovrebbe promuovere un disegno riformatore che introduca norme untistrust adeguate a valorizzare gli investimenti produttivi.  Da molti anni i soggetti del mercato editoriale hanno espresso la necessità di convocare gli “Stati generali dell’Editoria” per risollevare le sorti dell’editoria dove carta stampata e web journalism possono convivere in  sinergia. Il Fondo per il pluralismo dell’informazione si è dimostrato inadeguato e la normativa composta dalla legge n° 103 del Luglio 2012, dalle disposizioni della legge l.n 198 dell’ottobre 2016 e del decreto legislativo n 70 del Luglio 2017, ha già realizzato cambiamenti importanti ma non abbastanza efficaci. Il fondo, infatti, non prevede finanziamenti ai quotidiani di partito né a quelli specializzati, mentre il resto della stampa è sottoposto a vincoli rigorosi, come i contratti a tempo determinato, e un  rapporto inflessibile tra diffusione e vendite. Le misure a tutela della trasparenza hanno tolto il Fondo dal vortice dell’assistenzialismo, ma non è abbastanza perchè il mercato editoriale non ha ancora trovato la via per ricominciare a respirare. Negli ultimi anni  50 testate hanno dichiarato fallimento, e i giornali sono in crisi.  Il buio editoriale investe anche l’Europa, dove le risorse per i giornali arrivano parte dallo stato fino al tetto record di  2 miliardi di euro dalla Francia. Le parole pronunciate  proposta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio  Crimi in crisi  non convincono, e lasciano senza risposte  interrogativi che  il Governo   dovrebbe invece soddisfare  per garantire di nuovo ossigeno ad un settore in crisi, ormai da troppo tempo.

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