Usigrai a valanga sui costi del nuovo programma di Nunzia De Girolamo. La trasmissione, che si chiamerà “Avanti popolo” e sarà in onda su Raitre, ha già fatto il pieno di polemiche. Legate ai costi del programma e al fatto che si tratti di risorse, come afferma il sindacato in una nota, esterne a quelle di viale Mazzini. La polemica, quindi, è servita. E l’esecutivo Usigrai attacca: “Secondo indiscrezioni di stampa, il programma di Nunzia De Girolamo costerà due volte e mezza quello di Bianca Berlinguer: 80mila euro per Cartabianca, 200mila per Avanti Popolo, che per le 32 puntate previste vorrà dire 6,4 milioni di euro. C’era veramente bisogno di spendere tutti questi soldi?”.
I giornalisti, hanno inoltre accusato: “Ancora un programma in appalto, ancora un progetto in mano all’agente di turno, e i costi lievitano”. Il tema, infatti, è intrecciato. Oltre alle spese c’è quello delle risorse interne della Rai che resteranno, ancora una volta, inoperose: “Non si poteva affidare a risorse interne la conduzione della prima serata del martedì di Rai tre? È così che questo vertice intende fare spending review?”. E ancora: “La stessa Rai che non trova le risorse per avviare una nuova selezione pubblica e integrare gli organici delle Testate nazionali e di quelle regionali, non bada a spese quando si tratta di investire su programmi di rete (raddoppiando i costi) o quando decide di continuare a ricorrere a prime utilizzazioni“.
Dall’Usigrai, infine, una stilettata al direttore dell’approfondimento Paolo Corsini: “Così ha proceduto ad esaminare i curricula degli interni prima di affidare il programma a Nunzia De Girolamo, moglie di un deputato, ex ministra ed ex parlamentare? Ci ritroviamo di fronte a un totale disinteresse nei confronti dell’azienda e dei dipendenti, mentre dilaga la lottizzazione”. Parole durissime. A cui il sindacato fa seguire una richiesta ferma e chiara: “Usigrai chiede a questa dirigenza di fare chiarezza, perché, se queste cifre dovessero essere reali, sarebbe un affronto alle cittadine e ai cittadini che pagano il canone”.
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