La Corte di giustizia Ue dichiara invalida la direttiva sulla conservazione dei dati perché “comporta un’ingerenza di vasta portata e di particolare gravità nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale, non limitata allo stretto necessario”. Sono state l’Alta Corte irlandese e la Corte costituzionale austriaca a chiedere alla Corte di giustizia di esaminare la validità della direttiva. La vicepresidente della Commissione Ue responsabile per la Giustizia, Viviane Reding si è congratulata per la sentenza. “Con la sua odierna sentenza, la Corte dichiara la direttiva invalida”, si legge nella sentenza. La Corte rileva, anzitutto, che i dati da conservare consentono di sapere con quale persona e con quale mezzo un abbonato o un utente registrato ha comunicato, di determinare il momento della comunicazione nonché il luogo da cui ha avuto origine e di conoscere la frequenza delle comunicazioni dell’abbonato o dell’utente registrato con determinate persone in uno specifico periodo. Tali dati “possono fornire indicazioni assai precise sulla vita privata dei soggetti i cui dati sono conservati, abitudini quotidiane, luoghi di soggiorno permanente o temporaneo, spostamenti giornalieri o di diversa frequenza, le attività svolte, le relazioni sociali e gli ambienti sociali frequentati”. La Corte ritiene che la direttiva, “imponendo la conservazione di tali dati e consentendo l’accesso alle autorità nazionali competenti, ingerisca in modo particolarmente grave nei i diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati di carattere personale”.
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