Con la sentenza depositata il 19 ottobre (ricorso n. 71233/13, CASE OF FUCHSMANN v. GERMANY), Strasburgo ha stabilito l’importanza degli archivi e ha ritenuto conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo la scelta delle autorità nazionali di tutelare gli archivi rispetto alle istanze di ricorrenti che si ritengono lesi nel diritto alla reputazione e che chiedono il ritiro della pubblicazione di testi diffusi online. E’ stato un uomo d’affari ucraino a rivolgersi alla Corte. Il manager, residente in Germania, era stato citato in un articolo del New York Times nel quale il giornalista aveva evidenziato i rapporti con la criminalità. Sul piano interno, il manager non aveva ottenuto alcun seguito alle sue istanze. Si è così rivolto alla Corte europea ritenendo che la Germania avesse violato l’articolo 8 della Convenzione che assicura il diritto al rispetto della vita privata nel quale è inclusa la tutela della reputazione. La Corte europea ha evidenziato la gravità delle accuse mosse all’imprenditore, ma ha ritenuto che tra la libertà di stampa e il diritto alla reputazione andasse privilegiata la prima perché l’articolo aveva al centro una questione di interesse pubblico come il coinvolgimento di un imprenditore in attività illecite. La Corte ha poi considerato corretto il comportamento del giornalista che ha indicato nominativamente l’uomo coinvolto. Questo anche perché, pur non trattandosi di un politico, il manager di una grande azienda deve essere qualificato come personaggio pubblico il quale deve mettere in conto di essere sotto i riflettori dei media. Nel valutare il comportamento del giornalista la Corte ha accertato il pieno rispetto delle regole professionali perché il cronista ha valutato l’autorevolezza delle fonti, svolto ricerche prima della pubblicazione, dando all’imprenditore l’opportunità di fornire la propria versione. La notizia, quindi, aveva una base fattuale sufficiente e l’articolo era privo di insinuazioni e di dati sulla vita privata.
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