Corte di Cassazione: l’Amministrazione finanziaria può sindacare sui compensi agli amministratori

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Seguendo un filone giurisprudenziale “ormai comune”, la Corte di Cassazione ha ribadito, con una recente sentenza (la numero 9036 del 15 aprile 2013), il potere dell’Amministrazione finanziaria di poter sottoporre a tassazione l’ammontare dei compensi erogati agli amministratori qualora questi siano ritenuti “sproporzionati” rispetto all’attività svolta.
Il caso esaminato dai giudici della Suprema Corte trae origine da un avviso di accertamento attraverso il quale l’Agenzia delle Entrate ha rettificato il reddito dichiarato da una società a responsabilità limitata, invocando che fosse tassato il compenso erogato all’amministratore unico, ritenendolo, appunto, eccessivo rispetto all’attività da lui compiuta.
La società coinvolta, in sua difesa, ha presentato ricorso dinanzi alla Corte tributaria competente (sia provinciale che regionale), ottenendo, però, in cambio un giudizio sfavorevole in entrambi i casi.
Successivamente, denunciando un’insufficiente motivazione della sentenza di secondo grado, il soggetto soccombente ha portato le proprie ragioni in Cassazione, sostenendo che fosse illegittimo il potere dell’Ufficio di valutare la deducibilità o meno del compenso al proprio amministratore. In tale sede, tuttavia, i giudici hanno ritenuto infondato il ricorso, riaffermando che rientra pienamente nei poteri dell’Amministrazione finanziaria valutare la congruità dei costi e quella dei ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni, anche se non ricorrono irregolarità nella tenuta delle scritture contabili, e pur in presenza di delibere sociali o contratti contenenti dati diversi.

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