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CORTE DEI CONTI: RAI IN CADUTA LIBERA. SERVE SUBITO UN “PARACADUTE”

Canone evaso per 550 milioni di euro; conti in profondo rosso; flessione della pubblicità.
Caparini: «Corte conferma nostre denuncie. basta a sprechi». Rao: «La Rai è ad un bivio. Urge una riorganizzazione. Merlo: «Tagliare i contratti milionari e le consulenze esterne». Zavoli: «Il rilancio della Rai sarà la priorità della Vigilanza».
Di certo non è una novità. Che la Rai è in crisi (e lo è da un bel po’) si sa già. Tuttavia la relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria del servizio pubblico del 2010 non può lasciare indifferenti. Si tratta di dati relativamente “vecchi”: risalgono a 2 anni fa. Tuttavia sottolineano alcune deficienze endemiche della tv di Stato. E molte di queste pecche, forse tutte, affliggono tutt’ora la Rai.
«Non risulta che la società abbia predisposto un rigoroso piano di razionalizzazione e di contenimento dei costi, reso necessario dai negativi risultati delle gestioni precedenti e dall’andamento dei ricavi». Inoltre «le risultanze gestionali economico-finanziarie e patrimoniali della Rai e del gruppo hanno registrato nel 2010 un notevole peggioramento», ha sentenziato la Corte dei Conti.
Diamo ora qualche “amaro” numero. Nel 2010 la Rai ha continuato ad accumulare perdite: il “rosso” di circa 80 milioni del 2009 è lievitato a 128,5; i valori negativi del conto economico, che nel 2009 erano a 61,8 milioni, sono saliti a 98,2; anche il patrimonio netto è passato da circa 500 milioni del 2009 ai 375 del 2010.
Consistenti anche i debiti finanziari che sfiorano, nel 2010, i 150 milioni.
E poi c’è il rapporto tra costi e ricavi. L’evasione del canone “ruba” al servizio pubblico oltre 550 milioni all’anno (450 per il canone ordinario e 102 per quello speciale); la raccolta pubblicitaria è in costante diminuzione. La crisi si fa sentire e sottolinea la non massima efficienza della Sipra. La concessionaria per la pubblicità della Rai ha raccolto, nel 2010, 200 milioni si spot in meno rispetto al 2007. E il trend negativo sta aumentando costantemente. Sia nel 2011 che nella prima metà del 2012 i dati della Sipra non sono per nulla confortanti. Tanto per non farsi mancare nulla, anche la pubblicità radiofonica è in un limbo. L’interruzione delle rilevazioni di Audiradio ha creato non poco sulla valorizzazione e sulla relativa parcellizzazione degli spazi pubblicitari.
Dunque urge una ristrutturazione. E bisogna farla subito. La Corte ha infatti sollecitato una riforma: ridurre i costi; sfoltire le numerose e onerose consulenze esterne; recuperare il canone evaso e rivedere anche il Contratto di servizio.
Non è un caso che nel 2010, la Rai, al fine di razionalizzare il proprio modello organizzativo, ha posto in liquidazione o incorporato talune società controllate. È stato concluso il processo di fusione per incorporazione di Rai Sat Spa nella Holding “madre”, Rai Spa; omologa iniziativa ha interessato Rai Trade e Rai Net. Entrambe sono state incorporate nel corso del 2011. Inoltre pochi mesi fa è stata venduta all’asta, pezzo per pezzo, Rai Corporation.
A ciò si aggiungono, come sottolinea la Corte le sanzioni irrogate dall’Agcom per la «inosservanza dei principi in materia di informazione e di ulteriori compiti di pubblico sevizio nel settore radiotelevisivo, nei programmi di informazione e di propaganda».
Non sono mancati commenti dalla politica.
«La Rai non ha razionalizzato i costi quando i ricavi da pubblicità sono crollati. I tagli sono imprescindibili, a partire dal costo del lavoro e degli oneri connessi che, come ha sottolineato la Corte, incide per circa il 30% sul costo della produzione», ha dichiarato Davide Caparini, membro della Lega Nord, nonché segretario della Commissione Vigilanza.
E poi ci sono i maxi stipendi. Per Caparini bisogna legare il guadagno ai premi di produzione. C’è da precisare che la Lega ha anche presentato un emendamento per ridurre gli stipendi del manager Rai. E lo fatto in occasione della polemica nata per il contratto di Gubitosi da 650 mila euro all’anno. A tal proposito anche la Corte dei Conti invitò ad una riflessione (ma alla fine Gubitosi ha mantenuto il suo stipendio).
«L’allarme della Corte dei Conti sui bilanci e sul mancato pagamento del canone è molto serio. È una fotografia destinata a evolversi. Bisogna rendersi conto che la Rai è ormai arrivata a un bivio: operare una rivoluzione organizzativa e culturale o spegnersi rapidamente». Lo ha affermato il deputato dell’Udc Roberto Rao, capogruppo centrista in commissione di Vigilanza Rai. «Servono – afferma Rao – tagli selettivi e non lineari, bisogna abbattere gli sprechi e le rendite di posizione, difendere il ruolo del servizio pubblico e il pluralismo, innovare il prodotto in linea con il prestigio della più grande azienda culturale italiana, studiare forme innovative per far pagare il canone a tutti. È su queste sfide – conclude Rao – che si misurerà la capacità dei nuovi vertici dell’azienda».
«Adesso vanno ridotti seccamente i contratti milionari, gli stipendi di nababbo e le consulenze esterne. Basta con i compensi milionari. Anche i predicatori che impartiscono lezioni di moralità e di buone virtù dal piccolo schermo devono vedersi tagliare drasticamente i loro lauti compensi», ha affermato Giorgio Merlo, deputato Pd e vice presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai.
Mostra un certo ottimismo il presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli. «Questo scenario richiede che la nuova governance dell’azienda applichi da subito un piano di risanamento, a cui corrisponda una ritrovata, più alta qualità del prodotto. Da queste premesse prenderà senso e produrrà effetti un’ormai palese autonomia gestionale; sulla base di un progetto che regoli la partecipazione della politica secondo le forme lecite e debite di una matura democrazia. La Commissione di Vigilanza avrà tutto ciò al centro dei suoi lavori, a partire dall’Ufficio di presidenza che ho convocato per martedì 31 luglio», ha dichiarato Zavoli.
Non resta che augurare “buon lavoro” alla Tarantola e a Gubitosi, rispettivamente presidente e dg del “martoriato” servizio pubblico.

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