La Corte Costituzionale ha confermato la legittimità dei tetti differenziati agli spot per tv in chiaro e a pagamento. La diversa incidenza economica della pubblicità, secondo la Consulta, giustifica una disparità di trattamento
La Corte Costituzionale ha ribadito la legittimità dei tetti differenziati agli spot pubblicitari per quanto concerne tv in chiaro e a pagamento. Nel 2011 l’Agcom ha multato Sky Italia per aver superato il tetto orario del 12% sulle pubblicità, imposto dal decreto Romani. Le tv commerciali in chiaro hanno un tetto orario del 18% di spot. La pay tv si è rivolta al Tar del Lazio per rendere invalida la sanzione di 10.000 euro. Il tribunale amministrativo, sostenendo la tesi dell’unicità del mercato, ha quindi presentato una questione di legittimità costituzionale alla Consulta, che l’ha ritenuta in parte inammissibile e in parte infondata. Per i giudici il Governo, attuando la direttiva comunitaria 65/2007, non avrebbe superato i limiti imposti dall’Unione Europea. E’ quindi consentita la differenziazione di trattamento tra pay tv ed emittenti in chiaro. La diversa incidenza economica della pubblicità, secondo la Consulta, giustifica la mancata applicazione del principio di parità di trattamento. Non è stato nemmeno violato l’articolo 41 della Costituzione: la libertà di iniziativa economica – spiega la Corte – può essere ragionevolmente limitata se esistano interessi costituzionalmente rilevanti come, in questo caso, la protezione dei consumatori e la tutela della concorrenza e del pluralismo televisivo.