Da lunedì in questa città ci saranno ventitré posti di lavoro in meno: quattordici giornalisti, tre grafici, due fotoreporter, due collaboratori fissi, due collaboratori amministrativi. Nei mesi scorsi altri dieci colleghi, tra giornalisti e addetti ai servizi, per motivi diversi erano stati costretti ad interrompere il rapporto di lavoro. A loro vanno aggiunti i numerosi collaboratori esterni. Insomma una media impresa che si dissolve.
Da cronisti fino all’ultimo, partiamo dall’essenzialità della notizia. Così come abbiamo fatto tante, troppe, volte in questi anni per raccontare capitoli dello stesso dramma occupazionale: uno stillicidio di saperi, professionalità, capacità, talenti, sacrifici spazzati, talvolta in silenzio, per essere immolati sull’altare del “modello di business”. Se non ci stai dentro, non servi più, non conti più. Vuoti a perdere. Che sei giornalista, artigiano, commerciante, libero professionista, manovale. Non ci sono lavori che valgono più di altri, tutti hanno la stessa dignità. E nell’ora del commiato questo teniamo a precisare scansando tentazioni retoriche o autoreferenziali, semplicistiche e ormai stantie.
La nostra storia, il nostro epilogo, semplicemente assurgono a simbolo della deriva di un sistema e, soprattutto, di una città, dove un giornale che chiude, l’ultimo rimasto, vale come un altro frammento dell’identità spezzata e avviata a smarrirsi. Ci sono tanti motivi e qualche responsabilità se oggi siamo costretti a gettare la spugna vanificando l’impegno e la tenacia che fino ad ora ci hanno consentito di arrivare in edicola: senza stipendio da mesi, con retribuzioni e condizioni di lavoro “storicamente” ben lontane dai “parametri” della categoria.
La crisi di un modello di editoria vicino all’implosione è innegabile. Ma nel momento della scelta di chi sostentare, il governo ha pensato di privilegiare i grandi gruppi magari quotati in borsa, evidentemente più capaci di esercitare attenzioni, foraggiando interventi generosi e dimenticando gli impegni assunti con gli altri, noi editoria no profit.
E non è stato bello scoprire dalla sera alla mattina che il tuo partner, prestigioso ed interprete di una grande tradizione imprenditoriale, ti aveva tradito diventando “competitor” dopo aver condiviso una sfida coraggiosa. In mezzo altri partner che, fiutando le correnti di tempesta, hanno abbandonato la nave raggiungendo la riva dalla quale assistere compassionevoli al naufragio. Improvvisamente soli, a parte il sostegno dell’associazione giornalisti e di ben pochi altri. Irrimediabilmente deboli. E oggi sconfitti.
IL COMITATO DI REDAZIONE
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