Nel marzo del 2016 compirà 60 anni quello che è rimasto attualmente l’unico giornale ad essere stampato in lingua italiana nei paesi arabi: ‘Il Corriere di Tunisi’. Edita dalle Edizioni Finzi, eredi della prima tipografia privata autorizzata in Tunisia nel lontano 1862, la rivista, prima settimanale, ora mensile, dopo aver rappresentato uno dei principali strumenti della ridefinizione e della rappresentazione della collettività italiana nella Tunisia della post-indipendenza, continua, specie dopo la geniale intuizione del già fondatore Elia Finzi, di aggiungere al titolo del giornale la dicitura ‘Euromediterraneo’, a coltivare l’idea di un’identità multipla legata alle civiltà dei paesi che si affacciano sulle sponde del Mediterraneo e a proporre riflessioni sui temi che interessano maggiormente quest’area. Per festeggiare i suoi 60 anni è prevista la presentazione dell’ultimo libro sulla ‘Memoria degli italiani di Tunisia, settimo della collezione che rintraccia nei suoi vari aspetti lastoria della collettività italiana dai primi dell’800 ad oggi. Questo volume ripercorrerà le ‘Storie e testimonianze politichedegli Italiani di Tunisià e verrà presentato ad aprile nell’ambito delle manifestazioni in programma per il sessantesimo del giornale alla Biblioteca Nazionale di Tunisi. L’impegno politico degli italiani in Tunisia è sempre stato vivace dall’Ottocento ad oggi ed il volume ne vuole essere un ulteriore conferma. Previsti inoltre per il 60mo un concerto e una tavola rotonda su argomenti che metteranno in risalto il ruolo della stampa nel dialogo tra le culture politiche delle due rive del Mediterraneo, con la democrazia come costante valore comune. “Dall’Indipendenza della Tunisia nel ’56 alla transizionedemocratica del paese oggi, il Corriere di Tunisi testimonia con la sua ininterrotta pubblicazione, la solidità e la continuità delle relazioni tra Italia e Tunisia ma anche l’impegno di una collettività a difendere la sua cultura, la sua lingua, la sua storia nella condivisione con la società d’origine e quella di adozione come per dimostrare che il luogo ideale della nostra identità non risiede nell’essere di ‘qua o di ‘là’ ma nell’essere ‘trà e nel contesto delle rigidità ideologiche che si manifestano un pò ovunque nel mondo ma specie nel mondo mediterraneo, il suo permanere ha un alto valore simbolico”, sottolinea all’ANSA la direttrice Silvia Finzi.