Coronavirus. Verretto (Sprint e Sport): “I veri competitor dei giornali sono i colossi web”

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2006

Chi ha maggiormente sofferto della crisi da coronavirus è stato il giornalismo sportivo. Le chiusure, il distanziamento sociale ha reso impossibile la celebrazione dei riti del calcio e degli altri sport. La preoccupazione ha reso difficile parlare d’altro che non fosse, appunto, il pericolo Covid. La stampa sportiva locale, se possibile, ha pagato un prezzo ancora maggiore. Ne abbiamo parlato con Claudio Verretto, direttore di Sprint e Sport.

L’arrivo del coronavirus ha sconvolto la realtà quotidiana di tutti. Come ha cambiato quella del giornale? 

Siamo un giornale sportivo per cui tutto è stato stravolto. Le nostre bellissime domeniche sui campi di periferia per assistere alle partite dei campionati giovanili sono sparite e con loro anche buona parte dei nostri lettori. Ma d’altronde il nostro pubblico, quello dei giovani, è stato anche quello che ha sofferto di più. L’euforia per la chiusura delle scuole è durata lo spazio di una settimana o poco più e in questo senso siamo stati buoni testimoni. Lo scambio continuo con i nostri piccoli lettori, che ci hanno trasmesso centinaia di lavori svolti, non si è interrotto. Chi con un filmato per mostrare le proprie doti da calciatore in salotto, chi con i colori, chi semplicemente per un saluto. Da questo punto di vista sono stati momenti molto emozionanti. Ovviamente stravolti gli spazi sul giornale dove settimanalmente raccontavamo ai nostri lettori le storie di coloro che da calciatori, allenatori o semplici appassionati, erano diventati eroi in prima linea perché medici, infermieri, volontari. E purtroppo abbiamo anche dovuto raccontare di molti nostri amici, dirigenti, allenatori, con cui avevamo un rapporto quotidiano che hanno perso la vita. Momenti che sarà difficile dimenticare.

 

E’ cambiato, e se sì come, il rapporto con i lettori?   

Abbiamo perso coloro che compravano il giornale per il risultato, la cronaca della partita, sono rimasti coloro che seguono la politica, l’approfondimento, le inchieste che sul nostro giornale trovano spazio continuo. Abbiamo ricevuto molte testimonianze di affetto e di sostegno. I nostri lettori hanno apprezzato lo sforzo fatto dalla redazione per continuare ad informare il nostro mondo. Ma lo abbiamo fatto perché crediamo che questo debba essere la nostra funzione e poi perché sappiamo essere l’unico giornale che entra in alcune famiglie. Non potevamo mancare. Siamo un punto di riferimento per la nostra comunità.

 

Come è cambiato il lavoro materiale in redazione?

Chiuso la redazione per evitare ogni possibile contagio si è lavorato a distanza. Solo nei momenti in cui il giornale doveva essere trasmesso al centro stampa due a volte tre di noi, con un distanziamento adeguato vi avevamo accesso. E’ stato per questo un lavoro faticosissimo. Le riunioni di redazione sparite, solo in teleconferenza, ma non è la stessa cosa. La discussione, a volte anche accesa, su come preparare l’uscita, sono il traino per confezionare un giornale di qualità. Naturalmente non abbiamo dimenticato il nostro campo, solo che sono cambiati alcuni scenari, se prima le notizie le andavi a cercare in un impianto sportivo con la chiusura totale abbiamo dovuto cercare altre vie. Non difficile per noi abituati da sempre a consumare scarpe per battere le strade.

Quali conseguenze l’epidemia avrà sui giornali e sul futuro della stampa locale o di settore?

I giornali, in particolare quelli locali, da questa pandemia escono rafforzati. Sono belli vivi. Non sotto il profilo patrimoniale ovviamente, anzi, servirà un aiuto da parte dello Stato straordinario, altrimenti si assisterà a un fallimento dietro l’altro con una perdita di posti di lavoro direttamente, e sull’indotto, senza precedenti. Senza dimenticare il valore sociale dei giornali nei territori. La perdita economica però è stata inevitabile perché la pubblicità è sparita dai giornali, e non poteva essere altrimenti, facendo perdere di fatto il cinquanta per cento delle entrate di un giornale. Dal punto di vista della credibilità invece si sono riappropriati di molti spazi perché sui nostri giornali, per tutte le cose che ben conosciamo, le notizie vengono verificate, pesate, vagliate e poi pubblicate. L’informazione locale è un’informazione di qualità e i lettori in questi momenti di paura e sconforto si sono resi conto della differenza tra chi cerca un clic e chi fa informazione

Ha sentito vicinanza o lontananza delle istituzioni?

Per una volta ho sentito la vicinanza da parte delle istituzioni centrali. Il Dipartimento dell’editoria grazie all’impegno dell’onorevole Martella, ha bene a mente quali sono le difficoltà e si sta adoperando con buoni risultati. Siamo solo all’inizio ma il risultato per ora è positivo. Grande apprezzamento poi dalle parole del capo dello stato, Sergio Mattarella, che da sempre sostiene la causa dell’informazione. Sul piano locale, che sono coloro che dovrebbero in questo momento far sentire la vicinanza all’informazione locale, rimango deluso e possiamo tranquillamente affermare che è una falsa partenza. Penso cioè al Piemonte, patria dei giornali locali con 52 testate in edicola tra settimanali e bisettimanali, dove l’attuale governo regionale ha stanziato appena due milioni. Mancette elettorali inutili per sostenere un comparto che conta circa 500 giornalisti. Quotidiani esclusi.

Come se ne esce? 

Domanda complessa a cui non è facile dare una risposta. Credo, dal punto di vista sanitario, che sia indispensabile uno screening sull’intera popolazione poi spero che la lezione sia servita alle nostre istituzioni per capire che serve una sanità pubblica forte. Ma se ne esce soprattutto se la politica avrà il coraggio di decidere. Il settore dell’informazione ne può uscire solo se ci saranno investimenti importanti per le infrastrutture informatiche che andranno potenziate, e se avremo noi per primi bene a mente che le nostre sono redazioni professionalizzate e quindi in grado di produrre informazione di qualità. Inseguire i siti acchiappa clic è follia. Dobbiamo preparaci a cambiare tutto. Il giornale, come lo abbiamo inteso fino a ieri è insufficiente, non soddisfa un pubblico sempre più tecnologico. I nostri lettori non sono spariti, anzi, potenzialmente il bacino è aumentato e lo dimostrano gli utenti che hanno preso d’assalto i siti Internet, solo dobbiamo produrre un’informazione per cui valga la pena spendere dei quattrini. Per fare questo però serve consapevolezza, risorse economiche per investire e per sopportare le perdite che ci saranno all’inizio, strategia, uno Stato consapevole del valore dell’informazione locale.

Poi servono riforme strutturali, e soprattutto regole. I Social, che sono i nostri veri competitor, devono avere le nostre regole. Devono essere cioè responsabili dei contenuti che vengono pubblicati sulle loro piattaforme. Le leggi, che valgono per noi, devono valere anche per loro. Altrimenti siamo destinati a soccombere. Legge sul copyright, va approvata subito, i contenuti prodotti dal nostro lavoro vanno protetti. Lotta alla pirateria che sottrae risorse quotidianamente. Sotto l’aspetto fiscale Apple continua a trattenere il 22% sui prodotti digitali quando dal 2015 l’Iva è al 4%, perché? Io un sospetto ce l’avrei. Tutelare l’informazione, oltre che difendere un caposaldo della nostra costituzione, significa anche difendere posti di lavoro. Altro principio fondamentale, sempre della nostra costituzione.

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