Coraggio e vigore. Saranno queste le parole d’ordine per ripartire. Ne è convinto Raffaele Schettino, direttore del quotidiano napoletano Metropolis, col quale Editoria.tv ha fatto il punto della situazione sugli scenari presenti e futuribili connessi al mondo dell’informazione e al post-emergenza covid.
L’arrivo del coronavirus ha cambiato l’approccio quotidiano del giornale sui territori?
L’emergenza sanitaria prima e quella economica poi hanno stravolto completamente i timoni dei quotidiani. Anche Metropolis ha inevitabilmente riservato tutta l’attenzione ai decessi, ai contagi, al lockdown, alle storie di chi è finito isolato o in quarantena. E ancora adesso, quasi l’intera foliazione è dedicata ai temi legati al Covid: alla fase 2, alla ripresa economica, agli aiuti alle famiglie e alle imprese, alla prevenzione, alla lenta marcia verso la normalità, e ovviamente agli affari della camorra, che sta sfruttando al massimo la crisi legata al virus e le scarcerazioni per riorganizzarsi. Abbiamo stravolto la nostra formula cambiando di fatto il paradigma: un giornale non più diviso per Comuni ma accorpato per argomenti, ovviamente conservando il taglio locale della nostra informazione perché questa resta la nostra forza e questa è anche la nostra identità da sempre. Abbiamo voluto raccontare i temi dell’emergenza rapportandoli alla provincia sud di Napoli e all’agro nocerino sarnese, cioè al punto di vista dei nostri lettori. Una scelta evidentemente apprezzata, numeri alla mano, al punto da considerarla una formula valida per il prossimo futuro. L’idea era già in cantiere, in realtà, forse è stata solo anticipati dagli eventi. Offriremo ai nostri lettori un’informazione locale sì, ma meno campanilistica e più territoriale, un giornalismo più vicino alla gente, con più storie e più volti, che possa raccontare tutte le criticità e le ambizioni di quest’angolo di provincia Sud inteso come area metropolitana. Sarà una sfida per noi, ma lo sarà anche per i nostri interlocutori istituzionali e per i lettori stessi, un processo di crescita collettivo, necessario a mettere al centro del dibattito il futuro dell’intero territorio che viviamo: da Ercolano a Torre del Greco e Torre Annunziata, da Castellammare a Sorrento, da Pompei alla cinta Vesuviana, da Scafati a Nocera.
E’ cambiato, e se sì come, il rapporto con i lettori?
Io resto dell’idea che un giornale, soprattutto un giornale locale, non è soltanto un organo di informazione, è soprattutto uno strumento al servizio del territorio del quale è punto di riferimento. Metropolis è una comunità, racconta la quotidianità che vive e ne denuncia le criticità, questo genera un rapporto diretto con i lettori che si sentono coinvolti e partecipi anche in quelle che riteniamo essere giuste battaglie a difesa del territorio. Un esempio: abbiamo avviato una sottoscrizione per aiutare i medici del Covid Hospital di Boscotrecase, i lettori, con ciò che hanno potuto, hanno partecipato in massa alle donazioni. Questo significa che considerano credibile il nostro brand in edicola da 25 anni, significa che la fiducia è consolidata nonostante il tentativo di demonizzare il giornalismo che è tutt’ora uno squallido sport praticato da politici e istituzioni. I lettori hanno continuato a cercare l’informazione di Metropolis anche quando sono stati costretti in casa. Certo, hanno inevitabilmente comprato meno giornali, ma ci hanno seguito sul sito e sui social, dove abbiamo registrato una crescita significativa di utenti, alcuni hanno sfruttato il servizio di consegna a domicilio, molti altri, alcune centinaia, hanno sottoscritto abbonamenti eDigital per sfogliare il quotidiano sul Pc o sullo smartphone. Inoltre è aumentata l’interazione attraverso mail e chat ed è cresciuta la voglia di partecipazione al dibattito, con l’invio di lettere e opinioni da pubblicare nella sezione Agorà.
Come ha cambiato il lavoro materiale in redazione?
Il giornalismo conosce una sola regola: si fa sul campo. Cioè in strada. Tutto il resto è un surrogato che non può mai sostituirlo. Questo vale in tempi normali ma è valso anche in questi giorni di lockdown. A Metropolis sono cambiate pochissimo le abitudini in redazione, ovviamente per quanto possibile si sono rispettate le prescrizioni consigliate dai medici e messe nero su bianco su ordinanze e decreti. Abbiamo in qualche caso sfruttato lo smart working, abbiamo aumentato i momenti di confronto in videochat, ma la redazione non ha mai smesso di pulsare nelle ore fondamentali nelle quali un giornale prende vita ogni giorno. Abbiamo continuato a lavorare in redazione e in strada, abbiamo continuato a raccontare le nostre città in prima linea. Persino il nostro Metropolis Young, il giornale pensato e scritto dagli studenti di sette Licei della nostra area di diffusione, è stato regolarmente in edicola con i due numeri mensili, anzi lasciatemi dire immensamente grazie ai ragazzi che hanno continuato a scrivere da casa e hanno continuato ad offrirci il loro straordinario punto di vista.
Quali conseguenze l’epidemia avrà sui giornali e sul futuro della stampa locale o di settore?
È inevitabile che la crisi abbia contratto ulteriormente i numeri dei bilanci di un settore che era già in grande difficoltà economica. Ed è altrettanto chiaro che l’editoria, così come tutti gli altri settori, meriti attenzione e rispetto e non processi sommari come quelli che abbiamo subito negli ultimi due anni. Per fortuna la linea del sottosegretario all’editoria, Andrea Martella, è in netta contrapposizione a quella rancorosa e insensata di Vito Crimi, e credo che possa esserci un confronto sereno per il rilancio a partire dalla nuova legge in grado di sostenere il futuro dell’intera filiera: dalle edicole, alle quali va il nostro grazie, ai giornali; dalle tipografie al resto dell’indotto che vi gira attorno.
Ritengo però sia doveroso anche un esame di coscienza da parte degli editori e dei giornalisti stessi. Per anni molti hanno inseguito un modello completamente sbagliato, spesso imbarazzante. Le notizie “acchiappaclic”, i “copia-e-incolla” e la pubblicazione tout-court di veline e comunicati da un lato hanno generato disaffezione nei lettori, dall’altro hanno fatto abbassare in maniera pericolosa il livello qualitativo dell’informazione. E alla fine lo abbiamo pagato tutti. Sia chiaro, ci sono tantissimi colleghi che hanno difeso sempre i valori del sano e buon giornalismo, così come ci sono tanti giornali che hanno disperatamente tenuto in piedi i contenuti di qualità, anche se impopolari o poco adatti agli algoritmi dei social, però la deriva generale è sotto gli occhi di tutti e se dobbiamo affrontare la rinascita del settore non possiamo far finta che non ci sia. I giornali devono avere più coraggio, devono essere più intraprendenti, devono ricominciare a misurare il consenso con i parametri tradizionali e abbandonare la corsa ai like che sono solo un’effimera soddisfazione. Bisogna perseguire il giornalismo dell’umiltà e del sacrificio, rinnegare con forza quello della popolarità. In questo senso abbiamo solo da imparare da questa emergenza che ci ha dimostrato ancora una volta l’importanza dell’informazione certificata. I lettori vogliono un giornalismo fatto da professionisti, sono stufi di sensazionalismi e false esclusive. Sono stufi di nuotare in un mare di informazione che non è né originale né accattivante. Vogliono informarsi, tutto qui. Non sono una platea decerebrata alla quale possiamo rifilare pacchi e fake-news.
Se e come ha sentito vicinanza o lontananza delle istituzioni?
Un giornale è parte integrante della vita che si svolge nelle città che racconta. I suoi cronisti sono cittadini prima ancora che giornalisti. Siamo sentinelle e testimoni, in campo per migliorare il futuro. Siamo impegnati sul fronte come ogni istituzione: magistratura, scuole, chiese e ovviamente sindaci e governatori. In questi ultimi due casi, purtroppo, c’è ancora chi avvelena i pozzi. Chi in maniera dogmatica punta il dito contro i giornali. Chi per principio vorrebbe l’estinzione di quelli in carta ed ossa. Chi per interessi occulti vorrebbe meno voci libere, meno confronto e meno fari accesi. Chi vorrebbe giornalisti-amici e non giornalisti e basta. Insomma, la strada è ancora lunga perché ci sia un rapporto costruttivo, nel rispetto dei ruoli e della libertà reciproca, per il bene del territorio. Alcuni sindaci non hanno ancora lo spessore per comprendere l’importante funzione critica di un giornale nell’interesse collettivo della libertà e della democrazia, altri ritengono di poterne fare a meno, tanto basta qualche post sponsorizzato per arrivare ai cittadini, altri ancora, per fortuna ci sono, riescono ad essere interlocutori seri e maturi. A livello generale, poi, è innegabile che la linea del Governo stia lentamente cambiando, e che si sono create le basi per un confronto sereno. Anzi, avendo conosciuto Martella, ritengo che quel confronto porterà ad una nuova alba.
Come se ne esce?
Intanto c’è da superare questa emergenza straordinaria che ha messo in ginocchio qualsiasi settore. Mi sembra chiaro che lo Stato debba immettere liquidità nelle aziende ma è altrettanto chiaro che le aziende non devono aspettarsi una stagione di assistenzialismo. Serve coraggio e vigore, servono idee, serve rimettersi in discussione. Per l’editoria serve dare stabilità e certezza alla contribuzione diretta come avviene in tutti i Paesi europei, e come ha detto il sottosegretario Martella, serve un solido sistema di sostegno diretto e indiretto, per difendere il pluralismo dell’informazione, per assicurare la formazione di un’opinione pubblica libera per il mantenimento dell’ordinamento democratico, e per assicurare la qualità del giornalismo che se lasciato alle logiche di mercato, come abbiamo visto, rischia di essere risucchiato nella deriva delle fake news e delle notizie acchiappaclic.
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