Editoria.tv torna in Piemonte per raccontare il giornalismo al tempo della pandemia da coronavirus. Con Liborio La Mattina, direttore de La Voce, per fare il punto della situazione e capire quali saranno gli scenari futuri per la carta stampata.
Con la pandemia come è cambiato il modo di rapportarsi al territorio del giornale?
Stiamo dedicando molta attenzione alle attività che, a causa delle misure di contenimento, sono rimaste chiuse. Abbiamo messo a disposizione banner gratuiti sul nostro giornale, per promuovere le attività economiche locali. Poi, con un’agenzia di comunicazione, abbiamo provveduto a creare un vero e proprio portale dedicato alla promozione gratuita delle attività economiche e commerciali. Inoltre la Voce ha distribuito, per due volte, le mascherine col giornale. Gratis, senza far pagare nessun sovrapprezzo ai lettori. E’ stato possibile grazie alla generosità di alcuni sponsor e siamo riusciti a innescare un vero e proprio circolo virtuoso di solidarietà. Il produttore, infatti, ha accettato il prezzo delle mascherine ma ha donato tutto a un’associazione che si occupa del banco alimentare e dell’assistenza ai poveri. Una solidarietà, dunque, doppia.
Come linea editoriale, per raccontare il dramma del coronavirus, abbiamo puntato molto sulle storie, più che sui numeri. Ci siamo concentrati sul disagio, sui problemi e in alcuni casi abbiamo visto e documentato problemi serissimi, persone ridotte all’indigenza. Grazie alle nostre segnalazioni abbiamo assunto la funzione di catalizzatore, siamo riusciti a mediare tra chi era in difficoltà e coloro i quali avrebbero voluto aiutare le famiglie in stato di bisogno. La “Voce”, inoltre, non ha abdicato alla sua natura. Siamo da sempre un giornale d’attacco e anche durante questa fase ci siamo fatti portavoce dei problemi e messo sul tavolo del dibattito tutte le denunce che c’erano da fare, nel rispetto di tutti.
Come hanno reagito i lettori all’emergenza?
Rispetto allo scorso anno, i dati restituiscono il quadro di un leggero aumento tra i lettori. Credo che ciò, più che a contenuti, sia dovuto al lockdown: si poteva uscire per acquistare i giornali, qui le edicole sono rimaste quasi tutte aperte e ritrovare l’abitudine del quotidiano, per molti cittadini, è stato facile. Abbiamo registrato importanti aumenti anche sul digitale, abbiamo avuto il 500% visualizzazioni in più, nel periodo di maggiore interesse. Di solito, il nostro sito fa 30-40mila pagine viste. Durante la pandemia si sono avute punte di 130-140mila pagine in un giorno solo. Si tratta di numeri importanti. Credo che siano dovuti al fatto che i lettori, restati a casa, avevano il bisogno di informarsi e che i contenuti pubblicati da noi, che “serviamo” un territorio di duecento piccoli comuni, li abbiano interessati abbastanza.
E’ cambiato il lavoro in redazione?
Editiamo il giornale con una cooperativa di cinque soci e sette dipendenti. Ci siamo messi tutti in cassa integrazione. Abbiamo deciso di ridurre i costi e uscire con un giornale in cartaceo, abbiamo modificato le edizioni, nel segno della riduzione dei costi della stampa e del personale. Dobbiamo iniziare a pensare al dopo. Inutile girarci intorno: la raccolta pubblicitaria, voce primaria degli incassi dei giornali, non si riprenderà almeno fino alla fine di quest’anno. L’economia a cui fanno riferimento le testate locali è fatta di piccoli negozi, di commercio di vicinato, di ristoranti e attività che non si riprenderanno prima di 5-6 mesi. Per tornare ai livelli pre-Covid ci vorrà davvero molto tempo. Ai giornali toccherà razionalizzare i costi. E alle istituzioni tener presente che i problemi dell’editoria, e quindi del pluralismo, non sono rinviabili. Occorre liquidità, subito: anche per la carta stampata.
Come giudica l’operato delle istituzioni, ne ha sentito la vicinanza?
Abbiamo pubblicato continuamente tutto quello che veniva diffuso dalla Regione Piemonte, dalle Asl, dagli enti locali. C’è stato, durante le fasi più drammatiche del coronavirus, una sorta di buio da parte delle istituzioni. Non ci arrivava più nulla e abbiamo dovuto iniziare a cercare e pubblicare tutto quello che c’era da sapere per informare al meglio i cittadini. Per dirne una, abbiamo sentito tutte le Rsa del nostro territorio. Noi siamo stati sempre disponibili, ma in alcuni momenti se avessimo continuato ad aspettare dati e notizie dalle fonti istituzionali saremmo ancora lì ad attendere.
Come se ne uscirà, secondo lei?
Con coraggio, da parte dei cittadini ma soprattutto da parte delle istituzioni. Dal punto di visto economico bisogna avere il coraggio di dire no a troppe regole che impediscono di fatto a artigiani e commercianti, ci vogliono poche norme e la capacità di analisi per cercare di capire se funzionano e farlo subito. Dal punto di vista sanitario, possiamo dire che il problema non sarebbe mai esistito se i posti in terapia intensiva fossero stati adeguati, come in Germania. L’emergenza è dovuta a quello. Tanti posti letto andavano allestiti subito, con reparti di terapia intensiva adeguati il problema non ci sarebbe stato, almeno non sarebbe stato così difficile gestirlo.
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