Contributi editoria. Si ipotizza un pagamento più che dimezzato per enti non profit e settimanali religiosi

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La garanzia del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione costituisce strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta; si tratta di una necessità avvertita dalle forze politiche, dal mondo della cultura, dalla società civile. (Carlo Azeglio Ciampi)

game overLa chiamavano razionalizzazione delle risorse. Ma se le notizie di corridoio venissero confermate, si parlerebbe di chiusura per circa 200 testate del mondo non profit e per i settimanali diocesani. Tutto inizia lo scorso maggio con il decreto legge di riordino dei contributi pubblici all’editoria, convertito dalla legge 16 luglio 2012, n. 103. Per i giornali che fanno riferimento al vasto mondo dell’informazione cattolica, nella generalità dei casi periodici locali molto radicati sul territorio, la nuova legge prevede una quota pari al cinque per cento del fondo stanziato. Di fronte a numeri così esigui sembrerebbe che il Dipartimento per l’editoria stia provvedendo in questi giorni al pagamento di una percentuale che oscillerebbe tra il 44% e il 45% da quanto stabilito dalla norma.
Eppure in passato più volte i rappresentanti di categoria  hanno ribadito in ogni sede la necessità di applicare «rigore ed equità» in materia di contributi pubblici all’editoria. Ora la situazione si è fatta particolarmente drammatica. Le testate diocesane così come decine di altri giornali vedono profilarsi all’orizzonte la chiusura come conseguenza di un periodo terribile nel quale si evidenziano solo diminuzioni di lettori, di pubblicità e di contribuzione pubblica. Le voci che sono circolate riguardo il più che dimezzamento dell’importo spettante per l’annualità 2012 suona come l’ultimo atto di una tragedia già scritta in cui l’omologazione di pensiero sta prevalendo sulla democrazia e sul pluralismo dell’informazione.

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