Due anni di indagini basate su un’accusa che, alla fine, non ha retto. Un imprenditore-editore e il direttore responsabile di un’emittente televisiva esposti alla gogna mediatica, ancor prima non solo di una sentenza, ma persino di un processo. Soldi che vengono a mancare, giornali chiusi e trentasei cronisti rimasti a spasso. E ora l’esito: non vi fu alcuna truffa allo Stato per fondi all’editoria non dovuti. E’ questo il responso del tribunale sulla tormentata vicenda giudiziaria che, dal 2010 a oggi, ha visto come protagonisti due reggiani molto conosciuti: Erminio Spallanzani, noto imprenditore dell’acciaio ed editore, e il giornalista Giovanni Mazzoni, direttore responsabile dell’emittente televisiva E’-tv, testata della galassia Spallanzani. «Le operazioni per la richiesta dei contributi pubblici per l’editoria sono state regolari e trasparenti», ha detto, in sostanza, il pm Valentina Salvi: una tesi accolta in pieno anche dal gip Giovanni Ghini, che ha disposto l’archiviazione dell’indagine, che era ancora ancora in fase preliminare. Dunque non ci sarà alcun rinvio a giudizio per entrambi e tantomeno, ovviamente, un processo: il caso è chiuso, ma alcune questioni rimangono aperte.
Come il destino dei trentasei giornalisti dei quotidiani cartacei editi dal gruppo Spallanzani: la decisione, da parte della presidenza del Consiglio dei ministri, di non versare i contributi statali all’Editoriale Bologna srl (un milione e 770mila euro, vedi sotto) è stata la mazzata finale per le testate cartacee del gruppo di Spallanzani, man mano chiuse, e anche per i cronisti, rimasti senza lavoro.
L’imprenditore e il direttore di E’-tv erano stati indagati dalla procura di Cremona per truffa aggravata nei confronti dello Stato: a fine 2010 il tribunale aveva disposto nei loro confronti le misure cautelari del divieto di espatrio – con il ritiro del passaporto – e l’obbligo periodico di firma. Il pm Cinzia Piccioni, allora titolare dell’inchiesta, aveva chiesto provvedimenti ancora più pesanti, cioè gli arresti domiciliari, che il giudice, però, aveva respinto applicando misure più leggere. Secondo la procura cremonese, in base a un’indagine delle Fiamme gialle, c’erano irregolarità nell’applicazione della legge 250 del 1990 che riconosce alle imprese editrici contributi a fondo perduto, ma limitatamente a una sola testata se controllate da uno stesso soggetto. Dal gruppo era stato chiesto un contributo di un milione e 770mila euro.
Una decina di giorni dopo aver prescritto le misure cautelari, lo stesso gip Guido Salvini le revocò. Poi le indagini passarono, per competenza, da Cremona alla nostra città, titolare del fascicolo il pm Valentina Salvi. La svolta in questi giorni: il gip Giovanni Ghini, del tribunale di Reggio, ha emesso il decreto di archiviazione del procedimento a carico di Spallanzani e Mazzoni, che sono stati assistiti, in questa complessa vicenda, dal trio di avvocati Romano Corsi, Leonardo Esposito e Stefano Nardini. Il giudice ha accolto in pieno le richieste del pm Salvi. «L’operazione viene ritenuta corretta – aveva scritto il magistrato – posto che il contributo per l’editoria relativo al 2008 venne regolarmente erogato e messo a bilancio dell’Editoriale Bologna srl».
Secondo Salvi, «nessuna forma di collegamento tra le varie società interessate dalla percezione dei contributi per l’editoria poteva configurarsi. Come emerge dal verbale di interrogatorio reso l’8 luglio 2011 da Spallanzani, solo il 31 dicembre 2008 (non a caso l’ultimo giorno del 2008) si decise, in accordo con i rappresentanti di Legacoop, di attribuire il marchio “L’Informazione” alla testata “Il Domani” (di Bologna) e di pubblicarlo. Ciò per pure esigenze di trasparenza nei confronti dell’autorità deputata alla corresponsione dei tributi». «Se in questi due anni sono rimasto sereno, è accaduto perché avevo la coscienza a posto e nutrivo un’assoluta fiducia nel fatto che, prima o poi, la situazione si sarebbe chiarita»: Mazzoni commenta così, da noi interpellato, l’esito della vicenda giudiziaria. Ma lo storico volto di E’-tv si toglie anche qualche sassolino dalle scarpe: «Su di me c’erano 1.700 pagine di intercettazioni telefoniche. La stampa ne ha estrapolato alcune parti, dalle quali sembrava emergere l’evidenza della mia colpevolezza. Ma l’intero contesto delle mie affermazioni dimostrava il contrario – afferma Mazzoni – e dunque i giornali, attraverso titoli gridati, hanno finito per travisare la realtà». Sui giornali Mazzoni è stato definito il “factotum” di Spallanzani, cioè una sorta di “faccendiere”, usando una parola che, oltre a insinuare un sospetto di opacità nel suo operato, annulla anche quella che è la fondamentale “distanza” e libertà che un direttore responsabile deve avere nei confronti del proprio editore. «Anche questa è stata un’errata interpretazione della stampa – commenta Mazzoni – Se uno leggesse le carte per intero, capirebbe di certo che io non ero certo incapace di affermare le mie ragioni di fronte ai consulenti e a tutti coloro che hanno avuto un ruolo in questa vicenda». Oltre alla vicenda personale di Spallanzani e Mazzoni, c’è il capitolo spinoso della chiusura delle testate cartacee afferenti al gruppo di via Edison – L’Informazione di Reggio, di Parma e di Modena, oltre al Domani di Bologna – dopo i contratti di solidarietà e le alterne fortune di ogni singola redazione. Quanto ha pesato l’iter giudiziario e la sospensione dei fondi statali sulla morte dei giornali e la disoccupazione dei cronisti? «Di certo il blocco dei fondi ha pesato, anche se devo dire che, a mio avviso, c’è stata troppa rigidità sindacale nell’affrontare quel momento e cercare di superarlo. Il mancato versamento dei contributi al gruppo ha influito, ma non è stato l’unico motivo della chiusura dei quotidiani. Diciamo che se li avessero avuti, forse qualche altro editore si sarebbe potuto interessare più facilmente al loro acquisto». In vista, dopo il niet di maggio, un ribaltamento: «Comunque pare che ora il contributo per l’editoria venga sbloccato – annuncia Mazzoni – e dovrebbe essere riassegnato. In ogni caso voglio dire che uno dei grandi mali del nostro Paese è l’informazione schierata: non si parla più del fatto in sé, ma si colpisce a prescindere».
La sospensione del contributo pubblico per il 2010 e le incertezze per quello relativo al 2011 sono state le cause scatenanti della chiusura del quotidiano l’Informazione-Il Domani di Reggio Emilia, Modena e Bologna. Lo aveva denunciato con chiarezza il Comitato di redazione, proprio alla vigilia della cessazione delle pubblicazioni avvenuta il 1° febbraio scorso, dopo oltre cinque anni dalla nascita de L’Informazione di Reggio Emilia. ?Se è vero che lo stato di crisi era già stato proclamato nel 2009, con i contratti di solidarietà per i quotidiani e per le redazioni del gruppo èTv, le inchieste del Garante delle comunicazioni (Agcom) e della Procura di Cremona avevano oggettivamente impresso un’accelerazione all’esito infausto della vicenda. Da febbraio ben 36 giornalisti del quotidiano sono senza lavoro e in cassa integrazione. Per quanto riguarda il gruppo televisivo (Teletricolore di Reggio, Antenna 1 di Modena e èTv di Bologna) è aperto un tavolo istituzionale in Regione. La “dead line” è a fine novembre, quando scadranno i contratti di solidarietà. In ballo c’è la sorte di una ventina di giornalisti e soprattutto di un network che rappresenta un pezzo importante dell’informazione in Emilia. In questi mesi si sono rincorse molte voci su possibili partner, gruppi editoriali o industriali interessati all’acquisto e addirittura di uno “spezzatino” per la gestione o la vendita separata delle tre emittenti. Ma tutto è ancora in alto mare: c’è tempo solo due mesi per trovare una soluzione. Con il proscioglimento di Cremona forse sarà meno difficile.
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