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Contributi editoria. Assolto Boselli Butturi. Non ci fu nessuna truffa ma intanto i giornali non esistono più…

Assoluzione piena “per non aver commesso il fatto”. E’ questa la sentenza che la corte d’appello di Brescia ha pronunciato mercoledì mattina nei confronti di Massimo Boselli Botturi, ribaltando completamente la sentenza di primo grado che il 30 settembre del 2013 aveva condannato l’ex ad del quotidiano “La Cronaca” a 2 anni e e 6 mesi di reclusione. E’ quindi stato smontato completamente il castello di accuse del primo grado, quando Boselli, 50 anni, residente a Casalmaggiore, amministratore della cooperativa Nuova Informazione, era stato condannato dal giudice Pierpaolo Beluzzi. Per l’accusa, Boselli aveva truffato lo Stato, percependo indebitamente contributi per l’editoria: complessivamente 5 milioni 597.404,91 euro (la stessa cifra confiscata) incassati nel 2006 e 2007 “con ingiusto profitto” dalla cooperativa Nuova Informazione, che editava il quotidiano La Cronaca, e dalla Sep relativamente all’anno 2007. In sostanza Boselli, sempre per l’accusa, a corredo delle domande di ammissione ai contributi per l’editoria relativi al 2006/2007, aveva presentato dichiarazioni attestanti falsamente l’insussistenza di rapporti di collegamento o di controllo, mentre in realtà era anche “amministratore occulto di un’altra cooperativa percettrice di contributi per l’editoria (Sep), inducendo in errore il competente ufficio per il dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Il giudice di primo grado aveva anche disposto la confisca dei beni nella disponibilità di Boselli Botturi (o per interposta persona) per il valore pari ai contributi percepiti illecitamente. A rendere nota la sentenza di secondo grado è stato l’avvocato difensore Fabrizio Vappina assieme allo stesso Massimo Boselli Botturi, nella conferenza stampa appositamente indetta mercoledì pomeriggio dalla moglie di Botturi Raffaella Storti. La nuova sentenza assolve l’imputato con formula ampia, dato che il reato non è andato in prescrizione. “Non solo”, ha precisato Vappina nel suo studio. “E’ stata la stessa Procura generale a chiedere l’assoluzione all’inizio del dibattimento d’appello per due motivi: in primis perché nessuna irregolarità formale è stata commessa al momento di chiedere i fondi, dunque la legge sulle sovvenzioni statali è stata rispettata. In secondo luogo non è stata posta alcuna condizione ostativa al controllo per ottenere i contributi: nessuno, di fatto, ha nascosto nulla”. La vicenda si chiude così dal punto di vista penale, in attesa delle motivazioni della sentenza (“ma il collegio di Brescia non ha precisato quando saranno depositate”, ha spiegato Vappina), mentre per quanto concerne il risarcimento danni morali (“ma anche fisici ed economici”, ha sottolineato Boselli Botturi), lo stesso imprenditore di Casalmaggiore ha spiegato che si tratta “di un problema irrisorio rispetto ai quattro anni che ho trascorso”. Boselli Botturi ha dunque voluto ricordare i 18 giorni passati agli arresti domiciliari tra il 2010 e il 2011, oltre agli 8 comminati alla moglie. Soprattutto si è soffermato sul fatto che tutta questa vicenda ha portato alla chiusura di cinque aziende e alla perdita del posto di lavoro per 120 dipendenti e 200 collaboratori, “senza dimenticare che sono venute meno due voci a livello di giornali provinciali che a Cremona e Piacenza garantivano un pluralismo democratico. Tutto questo per una vicenda che si è definitivamente sgonfiata quest’oggi”. “Già in partenza, comunque”, ha continuato Boselli Botturi, “le accuse iniziali erano state depurate del 95% già dalla procura di Cremona. Il gip di Reggio chiese addirittura l’archiviazione in udienza preliminare, mentre Cremona andò avanti, anche se il caso venne ridimensionato. Ora è stata la stessa Procura generale a chiedere la mia assoluzione”. Boselli Botturi ha escluso che i due giornali possano ripartire (“ormai il danno è fatto e questo danno non si ripaga”), ma si augura che lo Stato finalmente possa scongelare i fondi che servirebbero a ripagare situazioni debitorie e stipendi arretrati. “Lo dobbiamo alla dignità dei lavoratori che hanno perso il posto. Preciso infatti che tutte le decisioni prese a Cremona sono state avvallate sempre da consulenti, commercialisti e avvocati, dunque da fior fior di professionisti”. Boselli ha voluto ringraziare gli avvocati Vappina e Davide Pini che hanno preso parte fisicamente al processo in primo grado, e anche Romano Corsi, che ha seguito l’appello, oltre a ricordare quando famiglia e amici lo abbiano aiutato in questi anni considerati difficili. “Metto da parte il livore, ma spero che chi ha sbagliato e ha creato tutto questo possa pagare, se non nella giustizia terrena, almeno in quella divina”. Il riferimento, secondo Boselli Botturi, è a quello che è stato definito il “suicidio di Cronaca, perché tutto è partito da una rivendicazione sindacale da parte di cinque dipendenti della testata. Una volta che tutto è partito è stato facile abbattersi sull’animale ferito e l’animale ferito a quel punto ero io. Ho subito indagini e perquisizioni lecite, ma alle volte, anche sui giornali, si è andati pure oltre il lecito”. “Comunque siamo ancora qui e questo è quello che conta”, ha chiosato Boselli Botturi, citando una delle ultime hit di Vasco Rossi, e ricordando poi che le presunte violazioni anche dal punto di vista economico “non sono vere: a Roma ci sono sentenze che hanno dato ragione all’azienda, nonostante la richiesta da parte di alcuni dipendenti di centinaia di migliaia di euro”.

Articolo tratto da www.cremonaoggi.it

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