Il Parlamento Europeo si prepara a votare nuove regole per la privacy e la protezione dei dati, e c’è già chi prevede conseguenze nefaste se le l’attuale proposta non subirà modifiche. Eduardo Ustaran, responsabile della privacy e del diritto dell’informazione presso Il Field Fisher Waterhouse , avverte che Facebook, Gmail e altri servizi on-line finanziati oggi dalla pubblicità dovranno chiudere o non essere più gratuiti.
Secondo il legale, citato da Zdnet, se i servizi di quel tipo “non fossero più in grado di utilizzare i dati nel modo più vantaggioso o utile per i loro scopi pubblicitari, allora l’utente dovrà scegliere: pagare o interrompere l’uso del servizio”.
Che c’è di vero? In effetti, il progetto di riforma in materia di trattamento dei dati, presentato il 25 gennaio 2012 e presto al vaglio dei parlamentari europei, potrebbe limitare la possibilità di raccolta, analisi o vendita di dati personali degli utenti. Il nuovo regime normativo, che dovrebbe essere attivo (novità!) in tutti i 27 Paesi membri senza bisogno di recepimento (come avviene per le direttive Ue), renderà più complicato per i servizi affermare di avere ottenuto il consenso per il trattamento dei dati da un iscritto, anche se questi si è registrato accettando i termini e le condizioni di un sito.
In particolare, si legge nel documento redatto dalla Commissione Europea, “Il consenso non deve fornire un valido motivo giuridico per il trattamento dei dati personali, quando vi è un chiaro squilibrio tra la persona interessata e il controller”.
Concetto che merita una precisazione, puntualmente fornita in altro paragrafo del regolamento, dove si individua uno squilibrio “quando l’incaricato del trattamento o il responsabile del trattamento occupa una posizione dominante sul mercato rispetto ai prodotti o servizi offerti all’interessato o quando una modifica unilaterale e non essenziale in termini di servizio non lascia all’interessato altra scelta che accettare la modifica o rinunciare a una risorsa on line in cui ha investito parecchio tempo”.
E quanto importante siano le condizioni in cui l’utente aderisce alle condizioni di un servizio online è ribadito e da un altro emendamento al vecchio regolamento: perché sia lecito, il trattamento dati deve fondarsi non su semplice consenso, bensì su “consenso specifico, informato ed esplicito dell’interessato”. Consenso esplicito, dunque, ma anche libero, e la normativa precisa che “l’uso di opzioni predefinite che l’interessato deve modificare per opporsi al trattamento dei dati, come le caselle preselezionate, non esprime il consenso libero”.
Ce n’è a sufficienza per suscitare un po’ di ansia nei colossi del web come Facebook. Ansia timidamente espressa da Erika Mann, responsabile per le politiche europee di Facebook, preoccupata che alcuni aspetti “del progetto non supportino un progresso del mercato unico digitale e la realtà dell’innovazione su internet, che è inevitabilmente di natura globale e comprende partner importanti come gli Stati Uniti”.
Molte altre, in ogni caso, saranno le novità proposte dalla normativa: maggiore tutela dei minori, diritto di recuperare facilmente e in tempi ragionevoli i propri dati quando ci si sposta da un servizio cloud a un altro, massima trasparenza sulla destinazione dei nostri dati. Non resta che aspettare per vedere il nuovo volto della privacy europea, e misurarne le conseguenze.
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