Via libera all’Ai act, il regolamento dell’Unione europea che mira non solo a regolamentare l’ultima rutilante meraviglia digitale ma anche ad affermarsi come lo status globale a cui tutti gli altri, nel mondo, dovranno guardare. Esulta il commissario Ue Thierry Breton: “E’ un risultato storico”, ha scritto sui social. E ha aggiunto: “L’’Ue diventa il primo continente a stabilire regole chiare per l’uso dell’intelligenza artificiale. L’Ai Act è molto più di un regolamento: è un trampolino di lancio per startup e ricercatori dell’Ue per guidare la corsa globale all’intelligenza artificiale. Il meglio deve ancora venire”.
Batte le mani anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen: “L’ Ai Act europeo è una novità mondiale. Un quadro giuridico unico per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale di cui ti puoi fidare. E per la sicurezza e i diritti fondamentali delle persone e delle imprese. Un impegno che abbiamo assunto nei nostri programmi politici e che abbiamo mantenuto. Accolgo con favore l’accordo politico”.
Il tema non è di poco momento. Anzi. Leggi efficaci e certe servono ad evitare che si creino degli spazi franchi, degli autentici Far West, in cui prosperano solo pochi, e potentissimi, attori. Capaci di far concorrenza agli stessi Stati. Facebook e Google ce l’hanno insegnato. Quando uno spazio non è normato, fioriscono le distorsioni. E dal mercato si arriva, presto, alle leggi. La pirateria che vola sul web, per decenni, ha indotto milioni di persone addirittura a credere che rubare il lavoro altrui fosse un atto meritorio. Dirsi pirata, per qualcuno, è diventato un status symbol.
Adesso l’Europa ha posto diversi problemi riguardo all’intelligenza artificiale con l’Ai Act. In primo luogo sulla sostenibilità ambientale, in seconda battuta sull’utilizzo dell’algoritmo in funzione di pubblica sicurezza. Un dibattito legale non da poco che fa il paio con quello del diritto d’autore e del rispetto dei valori della democrazia e dello Stato di diritto. Ma l’Europa non è l’unica istituzione che si è inerpicata nella missione di regolamentare l’Ai. In Cina, per la prima volta, un tribunale ha riconosciuto il diritto d’autore alle immagini generate dall’algoritmo. Negli Usa, invece, ancora tutto tace.