In base al nuovo sistema di calcolo disegnato dal governo, il contributo potrà assumere connotati da «porzione francese» non solo per i giornali più piccoli, che hanno una minore diffusione sul territorio ma anche per i giornali d’opinione. Come Libero: se oggi il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro incassa dallo Stato quasi otto mln di euro l’anno di contributi all’editoria, nel 2011 prenderà appena 6,5 min di euro. Quasi 1,5 milioni di euro in meno.
Molto meno pesante, ma pur sempre negativo, il bilancio di Avvenire: la sforbiciata al contributo pubblico sarà di 142.433 euro l’anno. E le testate di partito? A quanto sembra riescono a contenere la perdita: la Padania incasserà solo 6.489 euro in meno, l’Unità accuserà una perdita di 23.357 euro.
Tutto ciò emerge da una proiezione relativa al nuovo metodo di calcolo dei contributi all’editoria. Il sistema, contenuto nello schema di regolamento varato in prima lettura dal consiglio dei ministri, dovrebbe entrare in vigore a partire da gennaio 2011, modificando radicalmente i parametri di calcolo del contributo. Se, infatti, la legge 250 del 1990calcola in base a scaglioni minimi di tiratura media dei giornali (numero delle copie stampate), l’indicatore della componente variabile del contributo, il nuovo regolamento lega il calcolo della stessa variabile alla distribuzione totale. Meglio, ad un valore ben preciso della distribuzione per la vendita: 0,09 euro per copia distribuita, fino a un massimo di 50 milioni di copie annue.
Inoltre vengono escluse dal totale delle copie distribuite, su cui sarà calcolato il contributo variabile, anche le copie vendute in blocco. Questa norma, secondo le stime del governo, si tradurrà in una perdita di contributo complessivo all’editoria, di circa 2.400.000 euro; il taglio riguarderà per1.850.000 euro i quotidiani e per 550.000 euro i periodici.
Il motivo di tutta questa operazione si legge, a chiare lettere, nella relazione tecnica allegata al provvedimento:il governo punta a «scoraggiare la stampa eccessiva di copie, finalizzata all’acquisizione di maggiori importi di contributo variabile».
Ma non finisce qui. Cambia anche il metodo di calcolo della componente fissa del contributo pubblico. La legge 250 del 1990 fissa questo valore nel 30% dei costi considerati ammissibili e, dunque, finanziabili dallo stato. Il tutto fino a un limite massimo di 1.032.913,80 euro. La nuova normativa proposta dall’esecutivo prevede, invece, una componente fissa di contributo pari al 50% dei costi ammissibili a finanziamento. E, comunque, non oltre il tetto massimo dei due min di euro (300 mila euro per i periodici).La percentuale dei costi ammissibili, va detto, è ricavabile dal bilancio peri quotidiani editi da cooperative o imprese editrici di quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali. O anche da imprese editrici di quotidiani editi e diffusi all’estero.
Infine per i giornali di partito, il nuovo regolamento semplifica la normativa attuale riformulando in un unico comma le disposizioni stratificate in varie leggi. Al posto di due aumenti del 50%, uno per il contributo fisso e uno per il variabile, viene istituito un solo aumento del 100% .Non solo. In base a una proiezione, calcolata su un campione rappresentativo di imprese beneficiario di contributi incassati nel 2007, emerge un taglio di finanziamenti ai giornali di partito, calcolato complessivamente in 12 milioni di euro l’anno. La scure ricadrà per 10 milioni di euro sul groppone dei quotidiani e per i restanti due milioni di euro sulle spalle dei periodici.
(ITALIA OGGI MARKETING)
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