Martedì prossimo 16 settembre la Corte d’Appello del Tribunale dell’Aquila deciderà il destino del mensile d’inchiesta La Voce delle Voci. Dinanzi al collegio della Sezione civile si terrà infatti l’udienza, chiesta dai difensori della Voce, per valutare l’istanza di sospensione cautelare delle esecuzioni forzate messe in atto ai danni del direttore Andrea Cinquegrani e della cooperativa editrice, a seguito della sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Sulmona aveva condannato lo scorso anno il giornale a risarcire con circa centomila euro una esponente sulmonese di Italia dei Valori, Annita Zinni, che aveva denunciato il giornale per un articolo pubblicato nel 2008 sul mensile da un giornalista Rai. I rilevanti motivi richiesti per avanzare la nuova istanza di sospensione cautelare dei pignoramenti – che hanno colpito anche la testata giornalistica, di cui è stata chiesta al giudice la vendita – risiedono negli atti della Procura della Repubblica di Campobasso, competente per territorio su Sulmona, che proprio in merito a quello stesso provvedimento ha iscritto nel registro degli indagati il giudice autore della sentenza, Massimo Marasca, con le ipotesi di abuso d’ufficio ed omissione di atti d’ufficio. Nell’ambito di tale indagine risultano parti offese il direttore Andrea Cinquegrani e la giornalista Rita Pennarola, attuale rappresentante legale della cooperativa. Entrambi collaborano come volontari da molti anni con l’Associazione Antimafia Antonino Caponnetto, che ha diffuso in queste ore una nota di solidarietà alla Voce ed un appello per salvare il giornale. Nel definire «sconcertante» la vicenda giudiziaria che ha fatto interrompere le pubblicazioni della Voce fin da marzo scorso, «al punto da essere stata trasmessa al Consiglio Superiore della Magistratura dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano», la Caponnetto, in nome del «comune impegno teso a ripristinare condizioni di civiltà in un Paese devastato dalle mafie», rivolge un appello «affinche´ non vada dispersa una esperienza coraggiosa di giornalismo indipendente durata trent’anni, così privando gli italiani di uno strumento indispensabile d’informazione e di incontro per le forze sane del Paese». All’appello, diffuso nelle scorse ore, stanno arrivando adesioni da parte delle numerose personalità che collaborano al giornale e da tante altre associazioni o semplici lettori che in trent’anni hanno contribuito con le loro segnalazioni o con la loro partecipazione a rendere la Voce uno strumento di informazione sempre in prima linea per denunciare lo strapotere mafioso a tutti i livelli.
(www.lavocedellevoci.i)