Circolare n. 9 del 01/03/2016 – Par condicio. Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione nei periodi non elettorali

0
1512

A breve saranno indette le consultazioni amministrative nei maggiori Comuni d’Italia ed entrerà in vigore la normativa in tema di par condicio per il periodo elettorale, di cui daremo, chiaramente comunicazione.Intanto, riteniamo utile ribadire la normativa in tema di par condicio in periodo non elettorale.
Si premette che in questo periodo, per una prassi che si è andata consolidando nel tempo, le prescrizioni sono sostanzialmente solo a carico delle emittenti radiotelevisive o dei fornitori di contenuti, in assenza di disposizioni specifiche a carico degli editori di giornali.
La par condicio promuove e disciplina l’accesso ai mezzi di informazione per la comunicazione politica, al fine di garantire la parità di trattamento e l’imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici, sia in ambito nazionale, che locale. Pertanto, la carta stampata, nonché le emittenti radiofoniche e televisive, devono garantire il pluralismo, attraverso la parità di trattamento, l’obiettività, l’imparzialità e l’equità sia nei programmi di informazione che nei programmi di comunicazione politica. Le leggi che regolano la Par Condicio sono numerose, approvate tra il 1993 e il 2006, e gli organi preposti che hanno il compito di farle rispettare sono: l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) per le televisioni e le radio private e la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (detta Commissione vigilanza RAI) per le reti pubbliche.
Per quanto riguarda il periodo non elettorale, la normativa fa riferimento alle delibere Agcom 200/00/CSP e 22/06/CSP, nonché agli interventi della Commissione  vigilanza. Quest’ultima, con il provvedimento del 18 dicembre 2002, oltre a dettare specifiche regole per la comunicazione politica, ha stabilito all’art. 11 (sotto la dicitura “Informazione”) che “ogni direttore responsabile di testata è tenuto ad assicurare che i programmi di informazione a contenuto politico parlamentare attuino un’equa rappresentazione di tutte le opinioni politiche assicurando la parità di condizioni nell’esposizione di opinioni politiche presenti nel Parlamento nazionale e nel Parlamento europeo”. Il senso è chiaro. Il conduttore di un programma di approfondimento informativo, laddove verta su fatti politicamente rilevanti, è sostanzialmente obbligato ad invitare politici di ogni schieramento. La successiva delibera 22/06/CSP, dopo aver premesso che “l’attività di informazione televisiva […] deve garantire […] l’accesso di tutti i soggetti politici alle trasmissione di informazione e di propaganda elettorale e politica in condizioni di parità di trattamento e imparzialità” (quindi riportando fedelmente quanto già stabilito dalla “legge Gasparri” e dal Testo Unico), all’art. 1, comma 2, impone “l’equilibrio delle presenze” nei programmi di informazione e di approfondimento. Dunque, mentre la legge 28/2000 pone sì vincoli ai programmi di informazione, ma soltanto in campagna elettorale e comunque mai consistenti in una applicazione della par condicio, sotto la vigenza di tale legge la Commissione di Vigilanza e l’Agcom, operando una evidente forzatura del dato normativo, hanno esteso le regole della par condicio all’informazione anche in periodo non elettorale. Obiettività, completezza, imparzialità non bastano più nei programmi di informazione. Occorre sempre il “rigoroso rispetto” della “pluralità dei punti di vista e la necessità del contraddittorio” persino nei telegiornali, nonostante l’art. 1, comma 2, legge 28/2000 vieti espressamente l’applicazione delle disposizioni sui programmi di comunicazione politica “alla diffusione di notizie nei programmi di informazione”. Tra l’altro, la stessa legge 28/2000, tuttora in vigore, mostra chiaramente come la comunicazione politica vada concentrata soprattutto in campagna elettorale. Secondo l’art. 5, comma 4, nel periodo che va dalla convocazione dei comizi elettorali alla chiusura delle operazioni di voto, “nelle trasmissioni informative riconducibili alla responsabilità di una specifica testata giornalistica […] la presenza di candidati, esponenti di partiti e movimenti politici, membri del Governo, delle giunte e consigli regionali e degli enti locali deve essere limitata esclusivamente all’esigenza di assicurare la completezza e l’imparzialità dell’informazione”, presenze tassativamente vietate “in tutte le altre trasmissioni”. Ciò significa che in campagna elettorale le apparizioni televisive dei politici vanno viste prevalentemente in un’ottica di comunicazione politica.
Da quest’ultima norma emerge che la legge privilegia la comunicazione politica rispetto all’informazione soltanto nel periodo di campagna elettorale. In periodo non elettorale, deve essere l’informazione a prevalere sulla comunicazione politica. La conclusione è logica. In periodo non elettorale, la collettività va informata compiutamente sui fatti, sui risultati della politica. Durante la campagna elettorale, invece, deve darsi a ciascuna forza politica la possibilità di “fare un proprio bilancio” di quanto accaduto e appreso dalla collettività attraverso l’informazione; e cercare di convincere l’elettorato a “tirare le somme” secondo le valutazioni di ciascuna forza politica.