Il 24 marzo u.s. è’ stato approvato lo schema di decreto legislativo recante la ridefinizione della disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici. Ricordiamo, infatti, che l’articolo 2 della legge 26 ottobre 2016, n. 198 ha previsto un’ampia delega al Governo per l’emanazione di un decreto legislativo. Lo schema di provvedimento verrà ora sottoposto al parere della Commissione Cultura alla Camera e alla Commissione Affari Costituzionali al Senato.
Lo schema di decreto si compone di 33 articoli. Al fine di dare una lettura completa dell’impianto del nuovo testo che, di fatto, rappresenta una mini-riforma del sistema complessivo di sostegno pubblico all’editoria e secondo la prassi delle nostre circolari, suddivideremo il lavoro di analisi in più step, in modo da favorire la lettura e, comunque, garantire una migliore assimilazione dei concetti alla base della riforma. Inoltre, attesa la necessità di garantire un carattere di sintesi alla serie di circolari che dedicheremo a questo argomento, anticipiamo che non entreremo nel merito di concetti teorici.
In premessa, si evidenzia che le nuove norme entreranno in vigore, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo, a decorrere dai contributi relativi all’esercizio 2018. Pertanto, per l’anno 2017, restano in vigore le vecchie norme, chiaramente alla luce delle modifiche già introdotte dalla legge 26 ottobre 2016, n. 198.
Il primo articolo declina le finalità della legge ma, soprattutto, ribadisce il concetto che – nell’ipotesi di insufficienza delle risorse stanziate – le imprese accederanno ai contributi in misura proporzionale rispetto al rapporto tra fabbisogno complessivo e risorse stanziate.
Il secondo ed il terzo articolo definiscono, da un lato, le imprese che possono beneficiare dei contributi all’editoria e, dall’altro, individua motivi espliciti di esclusione.
Possono accedere ai contributi le seguenti categorie di soggetti:
Le imprese editrici, ad eccezione di quelle che editano periodici per non vedenti e ipovedenti, possono accedere al contributo per una sola testata. Si tratta di una modifica non secondaria per le imprese che accedono ai sensi del comma 3 dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 250 che, fino al 2017, possono usufruire de contributi anche per più testate.
Sono esplicitamente escluse dal contributo:
Terminata l’elencazione dei soggetti, sono necessari alcuni approfondimenti per delineare meglio le tipologie individuate dalla legge.
In relazione alle cooperative giornalistiche, l’articolo 4 provvede a fornire una serie di elementi. Le cooperative, in conformità, tra l’altro, all’attuale impianto normativo, devono essere composte da giornalisti, poligrafici e grafici editoriali, con prevalenza di giornalisti e devono essere, oltre che in possesso del requisito della mutualità prevalente, iscritte alla relativa sezione dell’albo.
Un’importante novità è che possono essere soci i fondi mutualistici per la promozione e per lo sviluppo della cooperazione previsti dalla legge 31 gennaio 1992, n. 59. In altri termini, lo storico divieto di associazione per i soci sovventori viene derogato per soggetti istituzionalmente delegati a sostenere il mondo della cooperazione.
Le cooperative, inoltre, sempre in conformità con la normativa vigente, devono associare almeno il cinquanta per cento dei giornalisti dipendenti con rapporto di lavoro regolato dal contratto nazionale giornalistico e clausola di esclusiva ed i relativi statuti devono, comunque, consentire la partecipazione di tutti alla società; inoltre, la maggioranza dei soci deve essere assunta con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
In conformità a quanto già previsto dal codice civile, ma senza possibilità di deroga, ogni socio ha diritto ad un solo voto, a prescindere dalla quota sociale sottoscritta e dal ruolo ricoperto; inoltre, nessun socio può disporre di più un terzo del capitale per le cooperative composte fino ad otto soci, più di un terzo dal capitale sociale e, per le altre, più di un quinto.
Nessun soggetto può partecipare a più cooperative che accedono ai contributi e la sanzione prevista è la decadenza per tutte le imprese che, eventualmente, lo abbiano richiesto. Questa norma appare in forte contrasto con la previsione di far entrare nel capitale delle cooperative i fondi mutualistici, in quanto – avendo gli stessi valenza istituzionale – si troverebbero nella ben difficile situazione di dover scegliere una sola cooperativa da sostenere.
Queste clausole vanno inserite negli statuti, per cui gli stessi dovranno essere adeguati entro la fine dell’anno in corso.
Inoltre, viene stabilito che nell’ipotesi di ristorni le cooperative debbono attestare il rispetto delle previsioni di legge. Norma bizzarra, in quanto richiede di dichiarare che quanto fatto sia conforme alla legge.
Abbastanza pacifica sembra, invece, l’individuazione delle altre categorie di imprese, anche se la definizione di “ente senza scopo di lucro” apre lo spazio ad interpretazioni estensive delle tipologie di soggetti che possono, partecipando al capitale sociale nella qualità di soci unici, garantire l’accesso alle imprese partecipate, o a interpretazioni restrittive nell’ipotesi in cui la dizione “ente senza scopo di lucro” venga assimilato all’ente morale.
Rimangono, inoltre, grandi perplessità circa la possibile applicazione della definizione di prodotto scientifico e tecnico, attesa la necessità di una valutazione del tutto arbitraria.
Nella prossima circolare prenderemo in esame i requisiti di accesso comuni a tutte le tipologie di imprese.
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