Continuiamo ad esaminare le nuove norme introdotte dalla legge del 16 luglio 2012, n. 103, facendo seguito alle precedenti circolari n. 21, n. 22, n. 23 e 24. Con la presente circolare analizzeremo i nuovi requisiti di accesso ai contributi all’editoria per il 2013.
Il secondo comma dell’art. 1 disciplina i requisiti relativi al rapporto minimo tra copie distribuite e vendute. La nuova norma prevede che a decorrere dai contributi relativi all’anno 2013 tutte le imprese editrici che percepiscono i contributi diretti, fatta eccezione per le aziende editrici di testate organi di partito in possesso del requisito della rappresentanza parlamentare e dei quotidiani editi e diffusi all’estero, devono rispettare il requisito di un rapporto minimo tra copie vendute e copie distribuite. Non vi è più, quindi, alcun rapporto con la tiratura, rilevando solo le copie effettivamente messe in distribuzione che vanno poste al denominatore del rapporto, mentre al numeratore va posto il numero relativo alle copie effettivamente vendute. Detto rapporto deve essere pari ad almeno il trentacinque per cento per le testate locali ed almeno il venticinque per cento per quelle nazionali.
Con la nuova disciplina il legislatore ha, finalmente, introdotto una definizione di testata nazionale e locale, in linea con la reale struttura del sistema distributivo e tenendo conto della composizione demografica, molto eterogenea delle Regioni nel nostro Paese. Per testate nazionali si intendono quelle che distribuiscono in almeno tre regioni con una percentuale di distribuzione non inferiore al cinque per cento di quella totale per ogni Regione. In altri termini, non solo è necessario distribuire il giornale in almeno tre regioni, ma è necessario che in ognuna delle regioni ci sia una diffusione significativa rispetto a quella complessiva. In questo modo si è provveduto, in maniera razionale, ad evitare l’elusione della norma attraverso la copertura delle varie regioni con poche copie.
Molto più complessa è, invece, l’analisi dei concetti di distribuzione e di venduto previste dal comma 3 e che si muovono in uno strano gioco di esclusioni, limitazioni ed inclusioni che rischia di creare non poche incertezze in sede di applicazione della norma. E vediamone le ragioni.
Per copie distribuite si intendono quelle poste in vendita in edicola o presso punti di vendita non esclusivi e quelle distribuite in abbonamento a titolo oneroso. In altri termini vengono prese in considerazione, ai fini dell’individuazione del numeratore, esclusivamente quelle distribuite attraverso il canale della distribuzione tradizionale e postale.
In relazione alla distribuzione, per esplicita previsione normativa, è necessario che la stessa avvenga ricorrendo a società esterne, non controllate né collegate all’impresa editrice. Invitiamo tutte le imprese editrici ad effettuare una verifica accurata dei rapporti intercorrenti con le società di distribuzione, segnalando che evidentemente la norma impone di ricorrere a soggetti esterni per cui allo stato è impossibile, ed il riferimento è chiaramente alle testate provinciali, rifornire direttamente le edicole. Questa limitazione rientra evidentemente nel contesto, quasi culturale, della presunzione di irregolarità delle attestazioni fornite dalle imprese editrici, in quanto lascia presupporre che laddove un’impresa gestisce in via autonoma, o attraverso una società controllata, o addirittura collegata, la distribuzione del giornale, sarebbe indotta a manomettere i dati.
Tornando al tema delle copie valide ai fini della determinazione del rapporto tra distribuito e venduto, mentre la definizione positiva appare chiara e, probabilmente era sufficiente a creare un contesto di certezze, sono state affiancate alcune limitazioni che creano diversi problemi di natura interpretativa. Infatti, la norma prevede l’esclusione delle copie diffuse e vendute tramite strillonaggio. Si tratta di una limitazione di una fattispecie, comunque, non contemplata nella definizione positiva e, pertanto, inutile.
Inoltre, sono escluse dal calcolo le copie per le quali non è determinabile il prezzo di vendita. Questa norma è piuttosto insidiosa dal punto di vista delle possibili implicazioni, in quanto potrebbe aprire lo spazio ad interpretazioni restrittive relative al prezzo dei giornali venduti in abbinamento con altri prodotti editoriali. Ma attesa l’entrata in vigore della nuova disciplina in relazione ai requisiti (ricordiamo che, invece, per i criteri di calcolo le nuove regole si applicano già dal 2012) è auspicabile che nelle more intervenga un’interpretazione qualificata sulla lettura della norma da parte del Dipartimento per l’informazione e per l’editoria.
Infine, l’ultima parte del comma prevede per gli abbonamenti stipulati contestualmente al versamento delle quote associative, che la volontà venga esattamente esplicitata attraverso una doppia opzione riservata all’associando.
La prossima circolare tratterà gli ulteriori requisiti per l’accesso ai contributi previsti dalle lettere a) e b), del comma 4, dell’art. 1 della legge in oggetto, relativi al rapporto tra soci e dipendenti.
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