Facciamo seguito alla nostra circolare n. 17/2013 nella quale abbiamo sommariamente analizzato il contenuto del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 08 marzo 2013.
In particolare in questa circolare, attesa l’imminente revisione dei bilanci di esercizio e la predisposizione dei conti economici di testata, riteniamo utile focalizzare l’attenzione su tre temi: 1) le modalità di compilazione del modello da sottoporre a certificazione; 2) la tracciabilità dei costi sostenuti; 3) la documentazione inerente i costi sostenuti per l’acquisto della carta.
In relazione alle tipologie di costi ammissibili a contributo rimandiamo alle nostre circolari n. 12 e 24 del 2012 e n. 17 del 2013. In questa sede va, evidenziato, che l’articolo 3 del D.P.C.M. prevede che “I costi di cui all’art. 2 sono contabilizzati con modalità tecniche che ne consentano la rilevazione separata e devono risultare dal bilancio di esercizio dell’impresa e dal relativo prospetto analitico dei costi e dei pagamenti. Tale prospetto comprende l’indicazione, per ciascun costo, degli elementi identificativi degli strumenti utilizzati per il pagamento e costituisce parte integrante della relazione di certificazione del bilancio prescritta dall’art. 3, comma 2, lettera g) della legge 7 agosto 1990, n. 250. Nella relazione il revisore dà atto della documentazione dimostrativa esaminata”. Il primo profilo concerne, quindi, l’adozione, obbligatoria di un sistema di rilevazione contabile che consenta di individuare con esattezza i costi ammissibili a contributo già in fase di registrazione delle operazioni aziendali. In altri termini è, a nostro avviso, necessario che il piano dei conti sia strutturato in modo da garantire l’immediata individuazione dei costi ammissibili a contributo e che nella fase di registrazione della contabilità aziendale i costi ammissibili vengano imputati direttamente in questa categoria di voci. Quindi, laddove uno stesso documento contabile (tipico esempio: una fattura) attesti costi in parte ammissibili ed in parte no (si pensi a titolo esemplificativo ad una fattura con la quale il distributore addebiti i compensi per i trasporti e quelli per altri servizi non ammissibili) nella fase stessa di rilevazione in contabilità del documento si dovranno suddividere i costi imputandoli correttamente alle due categorie di conti. Nell’ipotesi in cui, invece, l’impresa editi più testate dovrà essere adottato un sistema di rilevazione che consenta la separazione contabile delle relative attività gestionali, come puntualmente dettato dal terzo comma dell’articolo 3 del D.P.R. La nuova norma prevede, inoltre, che la rilevazione separata debba risultare da un prospetto analitico dei costi e dei pagamenti oltre che risultare dal bilancio dell’impresa. Un primo problema teorico che ci si pone è se il documento analitico vada inteso come allegato al bilancio e, pertanto, parte integrante dello stesso, alla stregua della nota integrativa e della situazione patrimoniale, e pertanto sottoposto all’approvazione dell’assemblea che approva il bilancio o la sua redazione possa rientrare nelle attività successive demandate all’organo amministrativo. Il problema si pone in quanto la norma prevede che il documento in oggetto costituisce parte integrante della relazione di certificazione del bilancio. E sotto tale profilo la risposta appare pacificamente orientata a prevedere che il prospetto vada allegato al bilancio in sede di approvazione dello stesso. Ma dall’altro lato, attesa la finalità di questo documento, che è quella di attestare i costi ed i mezzi di pagamento utilizzati per pagare i costi, riteniamo che laddove le società di revisione, che vi invitiamo a contattare, ritengano possibile allegare alla relazione di revisione anche un documento che derivi dal bilancio ma che non ne costituisce parte integrante ed è soggetto ad una diversa disciplina in termini di approvazione, sarà possibile predisporre il documento anche successivamente all’approvazione del bilancio stesso, a cura dell’organo amministrativo.
In relazione al modello dei costi di testata, ad oggi non risulta che il Dipartimento abbia ancora approvato un documento ufficiale. Ricordiamo che il precedente modello, invece, approvato con D.P.C.M. del 23 maggio 2011, chiaramente non risponde alle finalità del nuovo modello previsto dalla legge. Il CCE provvederà, nell’ipotesi in cui non venga pubblicato un modello da parte del Dipartimento informazione ed editoria e, comunque, entro due settimane, a predisporre una propria proposta di modello che, chiaramente, andrà sottoposta all’attenzione delle società di revisione e che può rappresentare, comunque, un canovaccio di lavoro.
Il secondo problema da affrontare è quello della tracciabilità dei costi sostenuti. Infatti, il comma 4 dell’art. 2 prevede che “i costi individuati al comma 2 sono rimborsabili ove i relativi pagamenti siano effettuati attraverso strumenti che ne consentano la tracciabilità, quali bonifico bancario o postale, servizi di pagamento elettronici interbancari, ovvero altri strumenti equipollenti purché idonei ad assicurarne la piena tracciabilità, anche se tali pagamenti siano effettuati nell’esercizio successivo a quello di competenza del contributo. In tal caso deve essere evidenziata, nella certificazione di cui all’articolo 3, comma 1, la corrispondenza contabile con i pertinenti costi ammissibili dell’esercizio di riferimento del contributo”. Ricordiamo che l’effettivo pagamento dei costi con strumenti tracciabili deve essere riportato nel prospetto e richiamato nella relazione di revisione. Esistono, chiaramente diverse fattispecie che vanno approfondite. A titolo esemplificativo, alcune imprese ci hanno chiesto se la compensazione tra debiti o crediti con lo stesso fornitore possa essere considerato un mezzo tracciabile di pagamento. A nostro avviso, la risposta è negativa in quanto pur essendo la compensazione un mezzo legittimo di estinzione delle obbligazioni non risponde nella fattispecie de quo all’esigenza di consentire la verifica dell’effettivo pagamento attraverso il riscontro sulle movimentazioni bancarie. Un altro quesito riguarda l’ammissibilità dei costi per i quali sono state concluse transazioni con i fornitori. In relazione ai costi del 2012 la risposta appare pacifica, in quanto i costi stessi saranno ammissibili nei limiti degli importi, comunque, pagati entro la data di rilascio della revisione (che, chiaramente, non può eccedere il 30 settembre). Per transazioni relative ad esercizi precedenti laddove i costi transatti siano stati oggetto di contributo riteniamo, ma questo da sempre e, comunque, questa dovrebbe essere una prassi delle società di revisione, che la quota di costa transatta vada indicata in diminuzione dei costi ammissibili nel prospetto dell’esercizio, in quanto su costi effettivamente non sostenuti si è incassato un contributo che appare, quindi, privo di titolo. Infine, in relazione alle cessioni di credito effettuate a favore dei fornitori riteniamo che in assenza di un’esplicita indicazione da parte del Dipartimento informazione editoria sia davvero difficile non esprimere un parere negativo circa l’ammissibilità delle stesse nell’ambito dei mezzi di pagamento tracciabili. Se tale interpretazione appare pacifica per le cessioni di credito pro solvendo, in quanto l’estinzione dell’obbligazione avviene solo al momento del pagamento del credito da parte del debitore ceduto, qualche maggiore apertura può essere vista nell’ipotesi di cessione pro soluto in quanto l’obbligazione si estingue al momento dell’atto. Ma ribadiamo, in ambedue le ipotesi la nostra massima perplessità sull’ammissibilità di questa modalità di pagamento tra quelle previste dalla norma.
L’ultimo tema da affrontare è quello relativo alla necessità che le fatture di stampa, come previsto dalla lettera b) del comma 2 dell’art. 2 “costo per l’acquisto carta”, riporti, nell’ipotesi in cui la carta venga fornita direttamente dallo stampatore l’indicazione separata del costo della carta. Il problema deriva esclusivamente dall’approvazione del D.P.C.M. a distanza di tre mesi dalla chiusura dell’esercizio 2012. Ora è evidente che per molte imprese, in assenza della disposizione di legge, c’è un rischio concreto che i costi sostenuti per l’acquisto della carta non vengano riconosciuti, laddove la tipografia non abbia già, per adempimento contrattuale, distinto in sede di fatturazione il costo della carta da quello della stampa. Per il futuro è evidente che il problema non sussiste in quanto è sufficiente chiedere al fornitore di fatturare distintamente i due servizi o di indicare separatamente le due tipologie di costo. Per il 2012 e per le fatture precedenti la pubblicazione del D.P.C.M. l’unica soluzione possibile è quella di chiedere al tipografo di fare una dichiarazione dalla quale si desuma la quota di costo imputabile alla fornitura di carta, distinta per le singole fatture emesse, e chiedere alla società di revisione di dare informativa di questa fattispecie nell’ambito della relazione di revisione, in modo da rendere trasparente la circostanza.
Facendo seguito alla nostra circolare n. 25/2024 segnaliamo che con Decreto del Capo del Dipartimento…
Fumata bianca ad Askanews: l’assemblea dei giornalisti dà il via libera alla proposta di prepensionamenti.…
Facendo seguito alla nostra circolare n. 25/2024 segnaliamo che con Decreto del Capo del Dipartimento…
Le cose cambiano, tutto scorre direbbe Eraclito. Sono passati meno di cinque anni dal 2020,…
Le associazioni degli editori europee sono pronte a ingaggiare battaglia contro Google. Per il caso…
Google “spegne” la stampa europea. C’è un test, che fa da preludio a una precisa…