Egregio Editore,
come ogni anno, in occasione dell’approvazione dei bilanci di esercizio e della predisposizione delle dichiarazioni fiscali, si pone il problema del trattamento ai fini civilistici e fiscali del contributo editoria.
In particolare, il problema è la qualificazione giuridica del detto contributo.
A nostro avviso – evidentemente si tratta di una interpretazione personale – detto contributo va considerato in conto esercizio.
I contributi in conto capitale sono definiti alla lettera F, numero 1, del principio contabile n. 16, laddove lo stesso prevede che: “per contributi in conto capitale si intendono le somme erogate dallo Stato o da altri Enti ad imprese per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, alla riattazione ed all’ampliamento di immobilizzazioni materiali, commisurati al costo delle medesime. Trattasi di contributi per i quali di solito l’impresa che ne beneficia ha il vincolo a non distogliere dall’uso previsto per un determinato tempo, stabilito dalle leggi che li concedono, le immobilizzazioni materiali cui essi si riferiscono”.
Di contro, i contributi in conto esercizio sono definiti i contributi dovuti in base alla legge e a disposizioni contrattuali e, pertanto, la funzione degli stessi è di integrare i ricavi della gestione caratteristica o ridurre i costi della stessa.
Dalla lettura della definizione dei due tipi di contributi appare pacifica l’iscrivibilità del contributo editoria alla tipologia del contributo in conto esercizio.
Nel corso degli ultimi anni, più volte a contrario, ci è stata portata la Risoluzione Ministeriale del Min. Fin. N. 2/1151 del 27.04.1982.
La risoluzione di cui sopra fu adottata in costanza dei contributi sul consumo di carta previsto dalla legge n. 416/81. In quell’occasione, l’Amministrazione Finanziaria si espresse per la definizione dei contributi editoria quali contributi in conto capitale.
Per fare chiarezza sulla diversità eziologica dei contributi sul consumo di carta della legge n. 416/81 e sui contributi previsti dall’art. 3, comma 2, della legge n. 250/90, cito alcuni passaggi della circolare, che per completezza alleghiamo.
“In proposito, dall’esame della legge sopra indicata, sia nella sua ratio globale che con riferimento al contenuto specifico delle singole norme che dispongono per la concessione dei contributi, non sembra possa dedursi che la finalità sia quella di destinare i contributi stessi alla copertura dei costi di gestione delle aziende editrici della stampa sia periodica che quotidiana”.
“Per quanto riguarda la stampa quotidiana, si osserva, che, nonostante la intitolazione dell’art. 22 della citata legge, il contributo ivi previsto per ogni copia stampata non è rapportato al prezzo della carta utilizzata, bensì al numero delle copie di tirature media giornaliera e decresce con l’aumentare della tiratura stessa nella misura prevista per i singoli scaglioni di appartenenza”.
Ed ancora: “omissis… prescinde da ogni valutazione e rapporto con i costi e le spese per badare alla stabile struttura produttiva dell’impresa”.
Ora, tutti i passaggi individuati non appaiono rapportabili con l’attuale sistema di contributi il cui principio fondamentale risiede in un rapporto del contributo con i costi sostenuti.
Ad ulteriore rafforzamento della tesi esposta vi è la circostanza che i contributi vengono assoggettati alla ritenuta di acconto del 4% previsti dall’art. 28 del D.P.R. n. 600/1973 per i contributi in conto esercizio.
Sulla scorta di quanto detto ritengo che non vi è dubbio sulla qualificazione dei contributi editoria quali contributi in conto esercizio.
I punti successivi sono la determinazione civilistica e fiscale degli importi da iscrivere a bilancio e dichiarare quale materia imponibile.
E’ pacifico che, ai fini civilistici, il contributo veda iscritto alla voce A.5 del conto economico, con separata indicazione. Attesa la consistenza dell’importo del contributo in oggetto, in nota integrativa va sempre fornita una dettagliata analisi della metodologia adottata nella determinazione degli importi.
I contributi in conto esercizio seguono il principio della competenza, ma – per il principio generale della prudenza – richiederebbero per l’iscrizione la delibera formale di ammissione.
Nel caso specifico, la rigorosa applicazione dei principi contabili determinerebbe, in capo alla quasi totalità delle imprese editoriali, la violazione degli artt. 2446 e 2447 cod. civ.
In tale direzione, in presenza del decreto di pagamento prima dell’approvazione della bozza di bilancio, riteniamo possibile – in vigenza di costi costanti o incrementali rispetto all’esercizio precedente e con una interpretazione molto elastica dei principi contabili – iscrivere a bilancio un valore pari al doppio dell’acconto incassato. Qualsiasi iscrizione superiore determinerebbe una violazione del principio di prudenza con relativi riflessi in termini di responsabilità degli organi sociali.
Ai fini fiscali, atteso l’assoggettamento del contributo a ritenuta di acconto, riteniamo possibile la tassazione del contributo nell’esercizio di effettivo incasso, con variazione in diminuzione e successive variazioni in aumento. Attesa la specificità delle imprese editoriali, tale impostazione avrebbe una forte incidenza sull’Irap. Chiaramente, tale impostazione determina la necessità di contabilizzare correttamente la fiscalità differita. Tale interpretazione, sicuramente favorevole alle imprese, genera il rischio di accertamenti, a nostro avviso, ben opponibili in sede di contenzioso tributario.
La presente nota non ha valenza di diritto, rappresentando un mero parere professionale. In tale direzione, la richiesta di un parere all’amministrazione finanziaria sarebbe utile ma richiederebbe una preventiva discussione tra le imprese interessate.
Rimanendo a disposizione per ulteriori chiarimenti porgiamo cordiali saluti.
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