In relazione al decreto legge 18 maggio 2012, n. 63 e per l’analisi del quale rinviamo alle nostre circolari n. 11, 12 e 13 del 2012, riteniamo necessario provare a fornire una più approfondita lettura dell’art. 3 che prevede l’eventualità del passaggio all’edizione digitale.
Una prima perplessità va riferita al requisito temporale previsto dalla norma. Infatti il riferimento è alle imprese editrici che abbiano percepito per l’anno 2011 i contributi, e, quindi, da una nostra lettura il requisito sarà subordinato all’esame della documentazione che il Dipartimento per l’informazione e l’editoria effettuerà nel 2012, con riferimento all’esercizio 2011.
In realtà la norma aprirebbe un quadro di lettura molto opaco per la previsione testuale “possono continuare a percepire i contributi qualora la testata sia pubblicata, anche non unicamente, in formato digitale”. E’ evidente che quasi tutte le imprese editrici hanno già un sito web e che sullo stesso pubblicano, arricchendolo di contenuti, il giornale cartaceo. Quindi la norma, così come è scritta, non direbbe nulla di nuovo, ma anzi, sosterrebbe che per il passato tale circostanza fosse vietata. E’ evidente che così non può essere nello spirito del legislatore, ma, ripetiamo, la lettura della norma è questa. Un primo problema, estremamente pratico riguarda il trattamento che va dato alla testata online, con particolare riferimento alle comunicazioni da fare al Roc. L’Autorità da tempo sostiene che la testata telematica richiederebbe un’altra iscrizione rispetto a quella cartacea, in quanto, chiaramente, i contenuti possono essere diversi. Ma la norma parla esplicitamente di una sola testata pubblicata, anche non unicamente, in formato digitale. Pertanto, a meno che il legislatore non intendesse, ma sembra difficile ipotizzare una simile fattispecie, che il portale si debba limitare ad un pdf che riproduce graficamente un giornale cartaceo, ipotesi assolutamente non in linea con l’evidente intenzione di stimolare l’online, è presumibile che il Roc debba accettare il dettato della norma e, quindi, adeguare il proprio Regolamento per disciplinare queste fattispecie. Ciò assume valenza anche sotto il profilo giuslavoristico in quanto, in presenza di due testate, una cartacea ed una telematica, gli stessi dipendenti e collaboratori potrebbero, in assenza di una contrattazione a monte, avanzare pretese.
La seconda parte del primo comma entra nel merito dell’edizione cartacea ed appare davvero estremamente infelice il riferimento alle quattro pagine per l’edizione telematica. Anche in questo caso, infatti, andrebbe compreso se per formato digitale il legislatore intenda un pdf, e da qui, le pagine, o come è più probabile un portale che possa anche contenere un pdf, che sembra, però del tutto limitante rispetto alle scelte editoriali dei singoli editori. E sotto questo profilo appare, ancora una volta, molto infelice il ricorso alle periodicità per le edizioni telematiche.
Ulteriori problemi nascono dalla determinazione del contributo per le edizioni telematiche. In relazione ai costi ammissibili il comma 5 fa un esplicito rinvio ad un DPCM che verrà emanato entro sessanta giorni dalla conversione in legge del decreto. In assenza dello stesso, saranno sicuramente ammissibili i costi del personale, mentre chiaramente non ci saranno i costi relativi alla stampa, alla carta ed alla distribuzione. Il contributo sull’edizione telematica è pari al settanta per cento dei costi ammissibili – come detto da determinare con DPCM – ed a questi viene aggiunto un ulteriore contributo di euro 0,10 per ogni copia venduta in abbonamento. Anche in questo caso si denota una scarsa conoscenza del settore, in quanto in genere gli abbonamenti telematici non hanno quasi mai come riferimento le singole copie ma il periodo di riferimento. Comunque, il contributo variabile appare del tutto residuale. E’ importante sottolineare che i costi sostenuti per l’edizione cartacea si sommano con quelli sostenuti per l’edizione telematica. Ora appare difficile comprendere, dalla lettura della norma, se i costi sostenuti per il personale, utilizzati sia per la versione cartacea che per quella telematica, ricevano un contributo pari al cinquanta per cento, come previsto per l’edizione cartacea, o pari al settanta per cento, come previsto per l’edizione telematica. Su questo punto non abbiamo risposte, ma riteniamo che durante l’iter di conversione del decreto questi aspetti “imbarazzanti” del decreto, vengano modificati.
Chiaramente sia nell’ipotesi in cui il giornale sia anche in versione telematica che solo cartacea valgono i massimali stabiliti dall’articolo 2 con una grandissima difficoltà a comprendere, per i soli giornali telematici, come distinguere un giornale nazionale da uno locale.
Il terzo comma dell’articolo 3 prevede che le edizioni telematiche debbano essere fruibili anche sui dispositivi mobili e debbono essere dotate di un sistema di gestione di spazi pubblicitari digitali. E che sia previsto un sistema di commenti da parte del pubblico e di moderazione da parte dell’editore. Il che, sotto il profilo logico, risolve il problema del pdf, escludendolo, ma non quello delle quattro pagine e della periodicità.
Nulla viene detto, infine, circa l’ipotesi – crediamo fortemente ricorrente – in cui il passaggio esclusivo al digitale avvenga nel corso dell’esercizio 2012. A nostro avviso se l’edizione cartacea ha rispettato i requisiti previsti dalla legge, anche in termini di uscite minime, vi dovrebbe essere una somma dei costi ammissibili per l’intero esercizio di riferimento, anche se con la difficoltà di individuare la quota di contributo, ricordiamo, pari al settanta per cento dei costi ammissibili nell’ipotesi di edizione telematica e del cinquanta per cento nell’ipotesi di edizione cartacea.
Comunque, ripetiamo, riteniamo che nel corso del processo di conversione molti di questi punti verranno chiariti.
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