Tra le frecce all’arco del governo in prossimità dell’imminente referendum pare che ci sarà una legge che introduce in Italia il reato di negazionismo
Questa è, quindi, una delle risposte del Partito Democratico alle esigenze del Paese, del tutto in linea con la recente tendenza a tipicizzare i reati penali, passando dalla legge contro l’omofobia a quella contro il femminicidio, come se la gravità di un omicidio dipenda dal sesso della vittima. Ma il reato di negazionismo rientra in un altro ambito, di limitazione per legge della libertà di espressione, per quanto possa essere non condivisibile, sbagliata, odiosa.
Si fissa per legge un limite al pensiero libero, le discussioni diventano unidirezionali se quello che penso, e che dico, diventa addirittura sanzionato con la galera. Negare l’esistenza dei campi di sterminio, della shoà, dei genocidi qualifica chi lo fa, eppure il New York Review of Books recensì il libro di David Irving, uno degli storici che ha dedicato la sua attività a negare la follia nazista, Churchill’war, analizzando il percorso di ricerca storica. Lo stesso bisettimanale a stelle e strisce ha poi aperto un pubblico dibattito evidenziando che le tesi di Irving erano del tutto inconsistenti.
Ma ancora prima una storica inglese Deborah Lipstadt nel suo celebre libro Denying the Holocaust, the growing assault on truth and memory aveva circostanziato le incongruenze delle teorie di Irving. Fu poi lo stesso negazionista a portare la Lipstadt in Tribunale, accusandola di screditare il suo lavoro. Il processo terminò con una piena assoluzione della Lipstadt, ed una conseguente confutazione in via giudiziaria delle teorie di Irving, e il giurista Alan Dershowitz in quell’occasione scrisse: “una ragione per cui il discorso falso e offensivo è permesso in molte democrazie liberali è proprio perché la migliore risposta al discorso cattivo è il discorso buono, piuttosto che la censura”.
Ma la politica italiana dimostra ancora una volta di sedersi sul comodo trono del populismo e della demagogia, anche chi fa il garantista non indugia poi nel cercare nuove forme di reati, nuovi colpevoli, nuovi processi da consumare sugli schermi televisivi, twittando in italo visione. Non c’è principio del danno, che tenga, come direbbe oggi Mill, la tirannia delle maggioranze si trasforma in teorie del bello, del buono e del giusto, lo deciderà chi non ha paura di mandare in galera qualcuno solo perché dice cose la cui inconsistenza non sarà difficile dimostrare.
PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1. 1. All’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, lettera a), dopo le parole: « ovvero istiga » è inserita la seguente: « pubblicamente »; b) al comma 1, lettera b), dopo le parole: « , in qualsiasi modo, istiga » è inserita la seguente: « pubblicamente »; c) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: « 3-bis. Per i fatti di cui al comma 1, lettere a) e b), e al comma 3, la pena è aumentata se la propaganda, la pubblica istigazione e il pubblico incitamento si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah ovvero dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6,7e8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232 ». 2. All’articolo 414, primo comma, numero 1, del codice penale, la parola: « cinque » è sostituita dalla seguente: « tre ».