Chiude Redattore Sociale e i giornalisti, che dal 10 gennaio perderanno il lavoro, sono infuriati: “Siamo stati trattati come un costo”. I lavoratori della testata chiedono adesso che almeno finisca “in maniera onorevole, dando ai lavoratori quanto spetta per legge”.
Una lunga nota, apparsa sul sito di Redattore Sociale e firmata dal comitato di redazione e dall’assemblea dei giornalisti, ripercorre amaramente la vicenda. Tutto è partito, secondo i giornalisti dalla “decisione inderogabile “dell’editore Comunità di Capodarco e del suo presidente don Vinicio Albanesi”. Una chiusura che, spiegano gli ex dipendenti, “Redattore Sociale chiude senza aver tentato nessuna strada alternativa. Da due anni, nonostante le sollecitazioni della redazione, l’editore non ha cercato nessun’altra soluzione per tenere in piedi un progetto che considerava ormai concluso. Poco importa che quel progetto in questi anni abbia raccontato per primo il disagio, economico e sociale, sempre crescenti nel nostro Paese. Che abbia dato voce agli emarginati, ai disoccupati, ai lavoratori poveri e a tutte quelle categorie di persone che, nella convinzione dei giornalisti di Redattore sociale, erano i primi a dover essere ascoltati, rilanciati e protetti”. L’amarezza dei giornalisti: “Ecco, oggi i disoccupati siamo noi giornalisti di Redattore Sociale che, senza un lavoro, rischiamo di precipitare nelle stesse condizioni di disagio delle persone che abbiamo raccontato tante volte. Noi che ci troviamo a dover pagare le scelte di un editore che ci vede solo come un costo aziendale. E che oggi sceglie di mandarci a casa a condizioni inaccettabili e senza neppure onorare tutte le spettanze, che garantirebbero, almeno nell’immediato, una vita più serena a noi e alla nostre famiglie. L’accordo che ci è stato proposto prevede non solo una significativa decurtazione delle indennità, ma le vincola alla riscossione di alcuni crediti. Senza garanzie, dunque, potremmo non avere niente. Ancora una volta tutto sulle spalle dei lavoratori”.
Ma non è tutto: “In questi anni, nonostante le condizioni sempre più precarie del nostro lavoro, abbiamo cercato di portare avanti l’impegno giornalistico quotidiano, assicurando il notiziario, nella convinzione che c’era un mondo fuori dall’informazione mainstream che andava (e va) raccontato. L’impegno con i nostri lettori lo abbiamo sempre onorato, ci saremmo aspettati la stessa correttezza e affidabilità da parte dell’editore”. Cosa che, evidentemente, per i giornalisti non è avvenuta: “Finisce così la storia di Redattore Sociale una testata piccola ma che, vogliamo credere, in questi anni ha contribuito a migliorare il modo di fare informazione. Migliaia di colleghi e colleghe hanno partecipato ai seminari di Capodarco, si sono formati nel confronto e nello scambio che quelle giornate offrivano ai professionisti della comunicazione”. L’appello finale è amaro, come il resto del testo: “Quello che chiediamo oggi all’editore è che almeno si chiuda in maniera onorevole, dando ai lavoratori quanto spetta per legge. Senza trattamenti diseguali tra giornalisti, mettendo in pratica i valori dichiarati negli anni, che oggi stridono con l’accordo farsa proposto ai lavoratori di Redattore Sociale”.
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