Doveva essere la Netflix della cultura italiana, è durata (nemmeno) lo spazio di una legislatura. ItsArt chiude i battenti. Il flop della piattaforma in streaming fortemente voluta dall’ex ministro della Cultura Dario Franceschini appare senz’appello. L’ultimo anno si è chiuso con una perdita di 7,5 milioni. In pratica, metà dell’investimento da 15 milioni non è rientrato. Di questi quindici, ben dieci sono arrivati dal decreto Rilancio. Gli abbonati sono stati appena 200mila, o giù di lì. Le entrate garantite da queste sottoscrizioni non sono andate oltre i 140mila euro. In tutto, gli introiti della società sono stati pari ad appena 245mila euro.
ItsArt è stata lanciata, in pompa magna, dal ministro Franceschini alla fine della primavera del 2021. A giugno, la piattaforma era già dentro il dibattito pubblico come la risposta italiana (e pubblica) allo streaming internazionale. I problemi, però, erano venuti a galla da subito: la joint venture tra Cassa depositi e Prestiti e Chili avrebbe potuto davvero costituire un’alternativa valida (anche) agli sterminati archivi delle teche Rai. Che, del resto, sono raggiungibili gratis tramite l’applicazione Raiplay. E l’offerta non è parsa accattivante, dal momento che, stando alle analisi di chi di programmazione tv e di arte se ne intende, non è stato seguito un programma di targettizzazione preciso. Insomma, si è andati (forse) un po’ troppo a tentoni.
Così è arrivato, con il nuovo governo e il centrodestra a Palazzo Chigi, il decreto di liquidazione per ItsArt. Firmato 29 dicembre 2022. È durata lo spazio di un annetto, nemmeno mezza legislatura. In mezzo, ben tre amministratori delegati che si sono sostituiti alla guida della società che non è mai diventata davvero grande. La creatura su cui Franceschini, non certo uno sprovveduto, aveva puntato fortissimo non è sopravvissuta all’insediamento al Mic di Gennaro Sangiuliano. Non per questioni politiche, ma perché, evidentemente, è stata un buco nell’acqua fin dall’inizio.