Pubblichiamo sul nostro sito una sentenza della Cassazione Penale risalente al 26 settembre 2014. Oggetto del provvedimento è un caso di diffamazione a mezzo stampa. Parti in causa sono il settimanale “Fax” e il sindaco del Comune di Conversano, che si ritiene offeso da un articolo in cui si allude a manovre politiche poco lecite. La Corte d’Appello ha dato ragione al sindaco, escludendo la ricorrenza dell’esimente del diritto alla critica. La Cassazione giudica infondato il ricorso presentato dal settimanale. Con riferimento specifico al diritto di critica politica si osserva che il rispetto della verità del fatto assume rilievo limitato, necessariamente affievolito rispetto alla diversa incidenza sul versante del diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica. Il limite immanente all’esercizio del diritto di critica è, pertanto, costituito dal fatto che la questione trattata sia di interesse pubblico e che comunque non si trascenda in gratuiti attacchi personali. Ove il giudice pervenga, attraverso l’esame globale del contesto espositivo, a qualificare quest’ultimo come prevalentemente valutativo, i limiti dell’esimente sono costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e dalla correttezza di espressione. In una recente decisione di questa Sezione, riguardante una fattispecie non molto dissimile da quella oggetto del presente giudizio, si è rilevato che “il giudizio critico su di un avversario politico può anche essere formulato con parole che – decontestualizzate – costituirebbero meri insulti, ma che, viceversa, riferite a determinate vicende e/o situazioni, possono essere lette come sintetico giudizio negativo sull’operato del predetto avversario”, ma le espressioni offensive devono essere “pronunziate nell’ambito di una polemica politica avente attinenza con il contenuto dell’addebito denigratorio”. Nella concreta fattispecie, pur partendo da un fatto storico vero (l’uscita dalla maggioranza di un consigliere comunale), l’articolista formula una serie di attacchi del tutto generici, con l’uso di termini oggettivamente e gratuitamente offensivi. Le espressioni utilizzate non possono essere scriminate dal diritto di critica poichè, pur riferendosi all’attività amministrativa, non si collegano a specifici episodi narrati nell’articolo, per cui finiscono con l’essere generiche censure, all’individuo e non alla sua dimensione politica. Link alla sentenza:
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