La Corte di Cassazione ha ribadito, ancora una volta, la ricorrenza dell’obbligo di iscrizione all’Inpgi per i giornalisti che operano presso siti web, dando rilievo alla natura giornalistica dell’attività prestata indipendentemente dal mezzo d’informazione usato e a prescindere dall’esistenza di una specifica regolamentazione contrattuale.
In particolare, con sentenza del 25 giugno 2018, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda “Uomini e Affari” che, opponendosi ai rilievi accertati dall’Inpgi in sede ispettiva (omesso versamento contributivo per 22 giornalisti), aveva sostenuto che non si potesse qualificare come giornalistica l’attività svolta nel settore dell’editoria elettronica in epoca antecedente all’entrata in vigore della L. 62/2001 e dell’allegato N del Ccnlg, che ne hanno espressamente disciplinato gli aspetti giuridici e contrattuali.
A prescindere dallo specifico caso esaminato dalla Corte – sottolinea l’Inpgi –, la sentenza offre una completa disamina normativa e giurisprudenziale degli elementi che contraddistinguono l’attività giornalistica, sviluppando un percorso argomentativo che – in totale adesione all’orientamento giuridico dominante in materia – si conclude con l’equiparazione dei giornali telematici a quelli tradizionali, con riferimento alla natura dell’attività lavorativa svolta al loro interno.
Quindi, in assenza di una definizione legislativa di giornalismo o di informazione on line, rimane valida, qualunque sia il mezzo di comunicazione usato, la definizione tradizionale di attività giornalistica intesa come prestazione di lavoro intellettuale diretta alla raccolta commento ed elaborazione di notizie volte a formare oggetto di comunicazione attraverso gli organi d’informazione (carta stampata, Tv, radio, siti internet).
Ancora una volta, su questa tematica, trovano conferma in ambito giudiziale le tesi da sempre sostenute dall’Inpgi attraverso l’azione sinergica delle proprie strutture. (giornalistitalia.it)
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La sentenza
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