Nel caso in esame, la Corte di merito condannava il legale rappresentante di una s.n.c. per avere installato un impianto audiovisivo di controllo a distanza dei lavoratori delle casse del suo supermercato senza accordo con le rappresentanze sindacali e senza autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro. Il difensore impugnava la decisione, denunciando la violazione dell’articolo 4, comma 2, l. 300/1970: insufficiente sarebbe a integrare il reato la installazione dell’impianto, essendo necessaria anche la verifica della sua idoneità a cagionare concrete conseguenze dannose ai lavoratori. Nel caso in esame il reato non sussiste perché le modalità delle riprese non sono tali da ledere la riservatezza di questi. Per la Suprema Corte, che l’idoneità degli impianti a ledere il bene giuridico protetto, cioè il diritto alla riservatezza dei lavoratori, sia necessaria affinché il reato sussista emerge ictu oculi dalla lettura del testo normativo – idoneità che peraltro è sufficiente anche se l’impianto non è messo in funzione, poiché, configurandosi come un reato di pericolo, la norma sanziona a priori l’installazione, prescindendo dal suo utilizzo o meno. L’esistenza di tale idoneità, invece, si colloca sul piano fattuale, per cui sono inammissibili al riguardo le doglianze del ricorrente. Ad abundantiam si osserva comunque che tale accertamento è stato effettuato, come emerge dalla descrizione dell’impianto nella sentenza impugnata, impianto inclusivo di otto microcamere a circuito chiuso, “alcune puntate direttamente sulle casse ed è dei lavoratori alle casse che l’imputazione contesta la violazione della privacy.
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