Riportiamo sul nostro sito una sentenza della Sezione V della Cassazione Penale, risalente al 16 giugno 2014. Il tema è quello della diffamazione a mezzo stampa. La controversia si origina da un articolo de “la Repubblica”, che “offende l’onore e il decoro di C.F., indicato erroneamente tra i destinatari dell’ordinanza coercitiva personale emessa il giorno precedente dal G.I.P. del Tribunale di Trani nei confronti di sette medici indagati a vario titolo nell’ambito di un’indagine in materia di truffa ai danni del S.S.N., per alcuni dei quali era stata applicata la custodia cautelare in carcere, per altri gli arresti domiciliari”. La Corte d’Appello ha rilevato come sia certo che C. non è mai stato arrestato, ma sottoposto a una misura interdittiva. Nella sentenza d’appello impugnata viene anche specificato che non è configurabile, nemmeno nella forma putativa, l’esimente del diritto di cronaca. Il giudice di legittimità è concorde con le valutazioni in sede di appello. In ordine alla configurabilità del diritto di cronaca, anche putativo, le doglianze difensive fanno leva sul rilievo che il giornalista avrebbe adempiuto all’obbligo di adeguato controllo delle notizie, essendosi trovato incolpevolmente ad avere una percezione difettosa o erronea della realtà.’ rilievo, questo, sostenuto dal riferimento a quanto dichiarato dallo stesso C. e a quanto risultante dall’ordinanza del G.I.P. Le argomentazioni del ricorso non colgono nel segno, non attagliandosi al caso di specie le considerazioni generali svolte in tema di diritto di cronaca. Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, l’esercizio del diritto di cronaca ha efficacia scriminante in riguardo al fatto diffamatorio a condizione che la notizia divulgata, oltre che socialmente rilevante e descritta con continenza espressiva, sia vera, il che implica che sia riportata in modo completo. Di seguito la sentenza completa:
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