Il processo per evasione di Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione, è stato rinviato al 14 dicembre. Chiesto il rito abbreviato. La difesa: «Non c’è stata una reale evasione. I video lo dimostrano. È possibile un’assoluzione piena». Intanto Sallusti, “attendendo” la grazia, è rassegnato ai domiciliari: «Ora il carcere non posso più chiederlo». Edmondo Bruti Liberati, capo della Procura di Milano, riguardo al dibattito sull’applicazione della legge “svuota carceri”: «Serve uniformità di giudizio. D’ora in poi sarà applicata sempre con questo metro».
Sabato scorso, infatti, il direttore del Giornale, ha violato i domiciliari, uscendo di casa per dirigersi alla redazione di Via Negri.
«Un gesto simbolico per protestare contro il provvedimento. Sarebbe stato giusto il carcere», ha spiegato Sallusti.
Ma per i poliziotti un’evasione è comunque un reato. Quindi non hanno esitato a “violare” la sede del giornale per arrestare l’evaso e per “riaccompagnarlo” a casa.
Oggi c’è stata la prima udienza del processo per direttissima per evasione. I difensori di Sallusti, Ignazio La Russa (parlamentare del Pdl ed ex ministro della difesa) e Valentina Ramella hanno chiesto il rito abbreviato. Quindi se l’istanza sarà accolta, l’eventuale pena (da 1 a 3 anni di reclusione, 8 mesi con le attenuanti) sarà diminuita di un terzo.
In ogni caso il processo è stato rinviato al 14 dicembre. Quindi anche l’ipotesi “grazia” dovrà attendere. A riguardo c’è da precisare che al Quirinale il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nonché il ministro della Giustizia, Paola Severino, stanno lavorando all’ipotesi della clemenza. E una condanna per evasione renderebbe tutto più complicato. Napolitano, l’unico che può concedere la grazia, dovrebbe sconfessare un intero iter giudiziario (ricordiamo che il capo dello Stato è pur sempre il capo supremo anche dei magistrati).
Ma l’accusa di evasione potrebbe cadere. «Ci sono elementi per assolvere. Tecnicamente Sallusti non ha nemmeno commesso un’evasione», ha dichiarato La Russa. E per dimostrarlo ci sarebbero i video. Infatti il reato di Sallusti, ovvero il suo varcare la soglia dell’abitazione in orario non consentito e il suo dirigersi verso la redazione, è stato immortalato. «Sia la difesa che l’accusa hanno prodotto il video trasmesso da sito del Giornale che mostra il direttore mentre esce dall’abitazione [si tratta della casa della compagna, nonché parlamentare del Pdl, Daniela Santanché, nrd] di via Soresina. Inoltre è stato prodotto anche il video della conferenza stampa di venerdì in cui Sallusti “anticipa e avverte” della sua evasione», ha puntualizzato l’ex ministro della Difesa.
E ora che accade? Per il momento il giornalista lombardo si è finalmente rassegnato ai domiciliari. «Ormai il carcere non posso più chiederlo. Hanno respinto la mia richiesta», ha affermato Sallusti.
In effetti il giudice di Sorveglianza, Guido Brambilla (che ha accolto a tempo record la richiesta dei domiciliari fatta dal procuratore capo di Milano, Edomondo Bruti Liberati), ha rispedito al mittente l’istanza dei legali del direttori. Il magistrato ha motivato affermando che la legge n.199 del 2010 (poi modificata nel 2012) «opera indipendentemente del volere del condannato e non rientra nelle misura alterative in senso stretto».
Tale decisione e anche l’argomentazione che la sostiene, sono state al centro di un aspro dibattito tra le Procure italiane. C’è chi è d’accordo con la decisione di Bruti Liberati e Brambilla. Ma c’è anche chi la ritiene un privilegio ingiusto nei confronti di centinaia di altri detenuti, meno noti del direttore del Giornale, che non hanno ricevuto la stessa “attenzione”.
Fatto sta che Bruti Liberati, in un comunicato stampa, ha voluto mettere nero su bianco le motivazioni della sua scelta e di quella del magistrato di Sorveglianza, innalzandole a modello da seguire d’ora in poi.
«In data odierna il procuratore della Repubblica da adottato una disposizione di carattere generale in ordine ai criteri applicativi della legge 199/2010, la cosiddetta “svuota carceri”». Bruti Liberati ha spiegato (lo aveva fatto anche nei giorni scorsi) che l’istituto della misura alternative è diverso dall’esecuzione della pena presso il domicilio. A Sallusti è stato applicato quest’ultimo istituto. Ed esso non prevede una precisa istanza in quanto, come anticipato da Brambilla (nell’argomentazione di diniego dell’istanza di revoca dei domiciliari) l’esecuzione della pena presso il domicilio ha la finalità di contenere il sovraffollamento delle carceri. Dunque si tratta di una motivazione diversa da quella, propria delle misure alternative, del percorso di rieducazione del condannato.
Inoltre Bruti Liberati ha voluto “approfittare” del “caso Sallusti” per chiarire la faccenda anche con l’ufficio Esecuzione della Procura. «È emersa la necessità di rivisitazione delle prassi applicative della legge 199 del 2010. Il fine è assicurare una uniformità di indirizzo che appare esigenza imprescindibile nella materia della esecuzione penale», ha affermato il procuratore capo.
Quindi d’ora in poi la questione Sallusti è veramente un caso con la “c” maiuscola, anche dal punto di vista penale. Chi l’avrebbe detto!
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