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CASO SALLUSTI, IL COLLE AVVIA L’ISTRUTTORIA PER LA GRAZIA. LA VICENDA POTREBBE RISOLVERSI CON UN PROVVEDIMENTO “AUTARCHICO”

Avviato ieri l’iter per la grazia per Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha incaricato il ministro della Giustizia, Paola Severino, di procedere alla relativa istruttoria. Sarà chiesto il parere alla Procura di Milano. La richiesta della grazia, fatta da Ignazio La Russa, parlamentare del Pdl e legale di Sallusti, è supportata da 328 firme, tra deputati, senatori ed europarlamentari, e da una petizione di Libero. Il direttore del Giornale: «Non ho chiesto nulla. Ma Napolitano sta valutando la grazia è un segnale importante». Ora il Presidente della Repubblica, nonché capo supremo della magistratura, potrebbe smentire un intero iter giudiziario.
Il Quirinale stava valutando l’ipotesi grazia da tempo. Se ne parlava già a fine settembre, quando la Cassazione decise di confermare la condanna sentenziata in Appello. Poi l’ipotesi della clemenza fu momentaneamente lasciata in disparte. Probabilmente il Colle e il Guardasigilli speravano in una riforma della legge sulla stampa, risalente al lontano codice Rocco del 1948. Ma così non è stato.
Ecco che dopo un burrascoso quanto inutile iter parlamentare, Sallusti ha dovuto scontare, o almeno iniziare a farlo, la pena.
Ma ora la vicenda potrebbe chiudersi. E con il più “autarchico” dei provvedimenti. Sebbene sancito nel articolo 87 della Costituzione, il potere di dare la grazia o commutare le pene è un facoltà residuale dei vecchi privilegi della corona. Inoltre dopo una sentenza della Consulta, la n.200 del 2006, è il solo Capo dello Stato, che è il capo supremo anche della magistratura, a decidere indipendentemente dall’istruttoria avviata dal ministero della Giustizia.
Ma va bene così. Abbiamo infatti constatato che centinaia di parlamentari, che all’inizio volevano tutti salvare Sallusti riformando la legge, hanno (come hanno affermato noti uomini di legge, ultimo il gip di Cremona, Guido Salvini) fallito.
Va detto che non è stato l’ex direttore di Libero a chiedere la grazia. Sallusti ha dichiarato che non avrebbe mai chiesto un “favore” ad «uno come Napolitano». A farlo per lui è stato, Ignazio La Russa, avvocato del giornalista lombardo (nonché parlamentare del Pdl ed ex ministro della Difesa) nel processo per evasione (nato a causa della “violazione simbolica” dei domiciliari del direttore del Giornale) terminato con l’assoluzione piena. «Non ho chiesto nulla. Ma il fatto che Napolitano sta valutando la grazia è un segnale importante», ha precisato Sallusti su Twitter. «Ho chiesto io la grazia per Sallusti che accetterà la decisione di Napolitano», ha precisato La Russa. Infatti l’articolo 681 del Codice di Procedura penale permette che la richiesta di grazia possa arrivare anche da un congiunto o da un legale del condannato. Oppure l’iniziativa potrebbe anche essere presa “motu proprio”, ovvero d’ufficio, dal solo Presidente della Repubblica.
Ma non è stata, quella dell’ex ministro della Difesa, una voce isolata. La campagna “salva Sallusti” già era in piedi da tempo. Infatti il responsabile dell’ufficio stampa del Pdl, Luca D’Alessandro, aveva, già mercoledì, mandato una lettera a Napolitano, dopo aver raccolto 328 firme da parte di parlamentari bipartisan appartenenti a 6 gruppi differenti (hanno partecipato anche esponenti del Pd e dell’Idv). E non solo. Anche Libero, il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro, stava conducendo una iniziativa simile.
Il mondo politico ha accolto bene la decisione del Colle. «La grazia è l’unica soluzione per i casi critici come quello di Sallusti. Una legge ad personam poteva causare danni», ha affermato Francesco Rutelli, leader dell’Api che si era mostrato contrario ad eccessivi sconti di pena per il reato di diffamazione. «Il fatto che si possa andare in carcere per un’idea mi inorridisce. Sallusti va liberato», ha fatto eco Matteo Renzi, sindaco di Firenze. «Napolitano ha mostrato un’attenzione ad un tema che il Parlamento non ha saputo risolvere con una riforma della legge sulla stampa», ha dichiarato Vannino Chiti, vicepresidente Pd del Senato, nonché uno dei primi relatori del ddl diffamazione poi “affossato” nell’aula di Palazzo Madama.
Dunque la tormentata vicenda del direttore del Giornale potrebbe concludersi tra poco. Forse anche prima di Natale. Il ministro della Giustizia ha già mandato, su richiesta del Colle, la pratica alla Procura di Milano e al magistrato di Sorveglianza, Guido Brambilla (il quale ha accolto la richiesta dell’esecuzione della pena a domicilio fatta dal procuratore capo Edmondo Bruti Liberati). Poi, sentite le parti, la Severino manderà il fascicolo a Napolitano. Il quale, indipendentemente, dai pareri raccolti, deciderà in piena autonomia. E come, detto in precedenza, ha anche la facoltà di contraddire l’opinione dei magistrati.
E se la faccenda dovesse terminare prima del 17 gennaio, Sallusti eviterebbe anche una possibile condanna da parte dell’Ordine dei giornalisti. Questo infatti, in base agli articoli 2 e 48 della legge n.69 del 1963, può erogare una sanzione disciplinare nei confronti di un giornalista colpevole di diffamazione.
Comunque il “caso Sallusti” rimane una pagina “particolare” della storia della Giustizia e del Parlamento italiani. Non per la condanna. Ma per le contraddizioni che hanno caratterizzato l’iter giudiziario e parlamentare.
Infatti la vicenda potrebbe risolversi con il Presidente della Repubblica, ovvero il capo della magistratura, che contraddice un intero iter giudiziario. E non è poco.

editoriatv

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